Calvino Italo

Il sentiero dei nidi di ragno

Pubblicato il: 24 Agosto 2006

Un bambino, Pin, racconta le vicende della Resistenza; descrive, attraverso il suo sguardo attento e diffidente verso i “grandi”, alcuni protagonisti di questa pagina importante della nostra storia.

Il sentiero dei nidi di ragno” è il primo romanzo di Calvino, che alla Resistenza prese parte e volle lasciare memoria di quell’esperienza senza cadere né nella retorica, né nelle facili polemiche dei detrattori della lotta partigiana.

Scritto in pieno periodo neorealista – il libro esce nel 1947 – sulla scia del fervore e delle tensioni morali di quell’epoca, è un romanzo molto fresco, con alcune sfumature di quella luce fiabesca che caratterizzerà le opere successive di Calvino.

Pin, ragazzino di strada della Riviera di Ponente, senza genitori – morta la madre, il padre marinaio non s’è fatto più vedere – frequenta il mondo degli adulti, pur trovandolo spesso incomprensibile, bazzica le osterie, conosce canzoni sconce e un vasto repertorio di parolacce, prende in giro tutti, spia la sorella prostituta mentre intrattiene i suoi clienti tedeschi.

Pin ha una voce rauca da bambino vecchio: dice ogni battuta a bassa voce, serio, poi tutt’a un tratto sbotta in una risata in i che sembra un fischio e le lentiggini rosse e nere gli si affollano intorno agli occhi come un volo di vespe” (p. 30).

Pin è un bambino magro, debole, lavoricchia come garzone da un calzolaio quando il suo padrone non è in galera, non frequenta i coetanei e questi lo rifiutano, ha una “nebbia di solitudine” che a volte lo prende e spesso sfoga la sua rabbia in crudeltà verso gli animali.

Pin vuol darsi arie da adulto, eppure ha stupori infantili e conosce un luogo segreto, nel quale fanno il nido i ragni, un posto tutto suo, magico e misterioso.

A questo ragazzino l’autore affida l’incarico d’introdurci nel variegato e duro mondo della guerra partigiana.

Pin, convinto di compiere un‘azione memorabile per gli uomini dell’osteria, ruba la pistola dell’amante tedesco di sua sorella ma, quando cerca di farsi notare dagli adulti per il coraggio dimostrato, nessuno gli presta attenzione e allora va a nascondere l’arma nel sentiero dei nidi di ragno: “Ci sono strade che lui solo conosce e che gli altri ragazzi si struggerebbero di sapere: un posto, c’è, dove fanno il nido i ragni, e solo Pin lo sa ed è l’unico in tutta la vallata, forse in tutta la regione: mai nessun ragazzo ha saputo di ragni che facciano il nido, tranne Pin” (pp. 50-51).

Successivamente, proprio a causa della pistola, Pin finisce arrestato dai nazifascisti che lo interrogano e lo picchiano. In carcere incontra il suo padrone, il calzolaio Pietromagro, ormai malato, e uno strano ragazzo, Lupo Rosso, un comunista sedicenne, che parla spesso per slogan: “Ha quasi lo stesso tono perentorio dei fascisti che interrogano” (p. 64).

Lupo Rosso coinvolge Pin in un’evasione, poi i due finiscono separati e Pin ha il suo primo incontro con un partigiano adulto, il gigantesco Cugino, che sarà fondamentale anche nel finale del libro. In questo modo Pin giunge al distaccamento del Dritto, la più scalcinata banda partigiana della vallata, formata tutta da uomini ritenuti poco affidabili e perciò tenuti in disparte e isolati dagli altri.

Attraverso gli occhi di Pin, che trova misterioso e assurdo il mondo degli adulti, Calvino ci offre una vera galleria di antieroi e personaggi originali. Conosceremo il cuoco Mancino, una specie di gnomo del bosco, col falchetto Babeuf che gli si posa sulla spalla; sua moglie Giglia che lo tradisce; i quattro cognati calabresi che sembra combattano una piccola guerra per conto loro; Pelle, un ragazzino fissato con le armi e le donne, che prima è stato nelle Brigate Nere; Zena il Lungo detto Berretta-di-Legno, sempre alle prese con un libro intitolato “Supergiallo”. E incontreremo il commissario Kim, cui Calvino dedica un intero capitolo, un bel personaggio del quale ascolteremo le riflessioni. Ne emerge un quadro della Resistenza libero da qualsiasi retorica, una Resistenza fatta di uomini un poco sbandati, confusi, uomini che possono tradire (come infatti succederà), sbagliare, mettere a repentaglio la vita di tutti per una voglia amorosa, una Resistenza fatta anche di violenza, crudeltà, spietatezza.

Eppure questi uomini sanno, alla fine, scegliere e combattere. Osserva Pin:

“…non guardano rassegnati il viola dei bicchieri: nelle mani hanno il ferro delle armi e domani usciranno a sparare contro uomini: i nemici!” (p. 103).

I partigiani hanno i loro canti cruenti “pieni di sangue e di bufere”, usano la violenza, ma hanno identificato un nemico, hanno in qualche modo scelto in un momento in cui farlo diventa determinante per il futuro: “Sono gente venuta lì per vie diverse, molti disertori delle forze fasciste o presi prigionieri e assolti, molti ancora i ragazzi, spinti da un impeto caparbio, con solo una voglia indistinta di dar contro a qualcosa” (p. 132).

Pur nella confusione e sulla spinta di un elementare desiderio di riscatto umano e forse senza rendersene pienamente conto, quegli uomini mal armati, litigiosi, sporchi costituiranno una forza storica di rinnovamento determinante.

In questo ambito si situano le riflessioni del commissario Kim, giovane studente di psichiatria, l’unico personaggio intellettuale del romanzo, ispirato a Calvino da un suo amico medico, col quale aveva condiviso l’esperienza partigiana.

Kim espone le sue riflessioni in un intero capitolo,che risulta diverso da tutti gli altri, un poco staccato dal resto del romanzo, ed osserva: “Questo non è un esercito, vedi, da dir loro: questo è il dovere. Non puoi parlar di dovere qui, non puoi parlare di ideali: patria, libertà, comunismo. Non ne vogliono sentir parlare di ideali, gli ideali son buoni tutti ad averli, anche dall’altra parte ne hanno di ideali” (p. 144).

Kim nota come la Resistenza sia fatta essenzialmente da contadini e operai, molto meno da intellettuali, che hanno “una patria fatta di parole, o tutt’al più di qualche libro. Ma combattendo troveranno che le parole non hanno più nessun significato, e scopriranno nuove cose nella lotta degli uomini e combatteranno così senza farsi domande, finché non cercheranno delle nuove parole e ritroveranno le antiche, ma cambiate, con significati insospettati” (p. 145).

E poi vi sono ladruncoli, girovaghi, gente poco affidabile, un po’ di tutto….in modo lucido e preciso Kim identifica in un vago desiderio di riscatto sociale la loro voglia di combattere. Proprio il fatto che non abbiano ideali chiari, granitici, può portali a tradire e a passare al nemico. Allora, osserva il suo interlocutore, il convinto Ferriera, i partigiani e le brigate nere… “lo stesso spirito?”

Risponde Kim: “…la stessa cosa ma tutto il contrario. Perché qui si è nel giusto, là nello sbagliato. Qua si risolve qualcosa, là ci si ribadisce la catena. Quel peso di male che grava sugli uomini del Dritto, quel peso che grava su tutti noi, su me, su te, quel furore antico che è in tutti noi, e che si sfoga in spari, in nemici uccisi, è lo stesso che fa sparare i fascisti, che li porta a uccidere con la stessa speranza di purificazione, di riscatto. Ma allora c’è la storia. C’è che noi, nella storia, siamo dalla parte del riscatto, loro dall’altra. […] tutto servirà se non a liberare noi a liberare i nostri figli, a costruire un’umanità senza più rabbia, serena, in cui si possa non essere cattivi. […] Io credo che il nostro lavoro politico sia questo, utilizzare anche la nostra miseria umana, utilizzarla contro se stessa, per la nostra redenzione, così come i fascisti utilizzano la miseria per perpetuare la miseria, e l’uomo contro l’uomo” (pp. 147-48).

Kim, che prende il nome dal protagonista de “Il libro della giungla” di Kipling, ha un suo mondo di simboli in mente, sa sognare, ma non si sente sereno, immagina, cerca di capire gli uomini che frequenta e le loro motivazioni, pur sentendosi addosso tutta la responsabilità del comando.

Nel suo riflettere alle ragioni storiche si alternano ragioni private: “Io penso: ti amo, Adriana, e questo è storia, ha grandi conseguenze, io agirò domani in battaglia come un uomo che ha pensato stanotte: «ti amo, Adriana»” (p. 151).

Nel frattempo, le vicende della lotta partigiana proseguono: il rifugio della banda del Dritto viene distrutto da un incendio causato dalla distrazione del comandante, attratto da Giglia, e il gruppo è costretto a spostarsi. Vi sarà poi la battaglia, un tradimento…

Pin troverà alla fine una protezione e un’amicizia nella figura del Cugino, un uomo strano, taciturno, misterioso, dalle mani enormi che sembrano fatte di pane.

Su di lui l’ombra di una crudele rappresaglia proprio verso la sorella di Pin, rea di essersi venduta ai tedeschi.

Elementi fiabeschi accompagnano tutto il romanzo: dal senso di stupore di Pin verso uomini e paesaggio al rapporto del ragazzo con la pistola rubata, vero oggetto magico e misterioso per eccellenza, che lui tocca, accarezza, osserva e infine nasconde nel suo posto segreto: il sentiero dei nidi di ragno.

Pin è convinto che nessun altro possa conoscere quel luogo, ma alla fine la guerra passerà anche di lì e i nidi di ragno saranno distrutti e devastati dalla smania del traditore che cerca la pistola. A Pin non rimane nulla: né l’infanzia, mai vissuta, né il sogno.

L’ultima figura cui fare riferimento sarà proprio il Cugino, che sembra aver la capacità di comparire sempre al momento giusto nella vita di Pin.

Calvino ha la straordinaria capacità di condurci attraverso tragedie e violenze con stile arioso, inframmezzato da qualche termine dialettale e da squarci descrittivi molto belli:

Il mare che ieri era un torbido fondo di nuvola ai margini del cielo, si fa una striscia d’un cupo sempre più denso ed ora è un grande urlo azzurro al di là d’una balaustra di colline e case” (p. 187).

Vi sono già le doti del grande narratore e della sua vocazione fiabesca, che Calvino verrà sviluppando in seguito e della quale s’era accorto per primo Pavese.

Il sentiero dei nidi di ragno” è un romanzo da leggersi, un incontro di storia e fantasia da non dimenticare.

Articolo apparso su lankelot.eu nell’agosto 2006

Edizione esaminata e brevi note

Italo Calvino (Santiago de Las Vegas, 1923 – Siena, 1985), scrittore italiano.

Italo Calvino,”Il sentiero dei nidi di ragno”,Torino, Einaudi “Nuovi Coralli” 1973. Con una prefazione dell’autore.

Prima edizione: Einaudi, Torino 1963.

Approfondimento in rete: Le lezioni americane / www.italo-calvino.com / Antologia virtuale dei grandi autori italiani / Sito della memoria Italo Calvino.