Nel mese di maggio 2016 la casa editrice Simone è stata al centro di una polemica piuttosto accesa: era stato pubblicato un piccolo libro dal titolo “La Costituzione spiegata ai ragazzi”, a cura dell’autore-editore Federico Del Giudice. Un’iniziativa presa prima del referendum confermativo che aveva fatto parlare di propaganda ai danni dei giovani elettori e di un’impostazione tutto sommato favorevole al “disegno di legge costituzionale” Renzi-Boschi. In qualche modo dando per scontata la vittoria del Si al referendum. Interpellato dai giornalisti Del Giudice è cascato dalle nuvole, si è dissociato dal redattore della sezione scolastica e ha affermato che effettivamente la titolazione era impropria, che “i suoi discorsi sono tutti in difesa della Carta e della democrazia” e che il volumetto “non aveva alcuna pretesa critica sui contenuti della riforma, ma si limita(va) a illustrare i valori dell’attuale Costituzione e quello che potrebbe succedere se la riforma fosse approvata”. Poi la promessa di ritirare il libro proprio per evitare equivoci. Sarà stato pure per rimediare alla polemica, oppure per mera questione di marketing, ma va detto che Del Giudice è poi andato oltre e ha recentemente pubblicato “La Costituzione rottamata?”, dove l’autore ha voluto “chiarire gli effettivi contenuti della Renzi-Boschi e mettere in luce le reali intenzioni dei proponenti, nonché le conseguenze che ne deriverebbero se dovesse vincere il sì nel referendum di ottobre”. Ne è scaturito un testo che, correttamente, dà voce alle argomentazioni del “si e del no”; ma poi l’analisi si sofferma in particolar modo su tutte quelle “criticità” messe in luce dai più noti costituzionalisti; tanto che l’autore si è voluto presentare nei panni di “patriota della Costituzione”, schierato “solo in difesa dei valori inviolabili che la riforma intende surrettiziamente ridimensionare”.
Il volume è strutturato nella maniera classica dei manuali: prima le vicende storiche che hanno condotto alla nostra Costituzione repubblicana, le tante modifiche intervenute dal 1948 ad oggi (con buona pace di coloro che presentano la “Renzi-Boschi” come ultima spiaggia per cambiare “a prescindere”), i principi di fondo che caratterizzano la nostra Carta, le profonde modifiche introdotte dalla riforma renziana,ed infine: una prima appendice che propone un confronto tra il testo concepito dai “padri fondatori” (Ruini, Calamandrei, Mortati, etc.) con quello del disegno governativo “il cui obiettivo finale è l’accentramento dei poteri nelle mani dell’esecutivo”; una seconda in cui vengono riportati alcuni dei “manifesti” a sostegno del “Sì”, del “No” e le ragioni di chi si astiene dal dare un giudizio.
A nostro parere la lettura comparata dei due manifesti dice molto. Da un lato quelli del Si (si veda l’elenco), molti politologi, molti personaggi legati ai partiti di governo, che sostanzialmente fanno propri gli intenti dichiarati della riforma, alcuni anche condivisibili, di semplificazione e di governabilità, ma poi scrivono anche che “il testo non è, né potrebbe essere, privo di difetti e discrasie”. Evidentemente la sviolinata non poteva non tenere conto di tutte quelle bestialità, anche sintattiche, subito contestate dai vari Zagrebelsky e Azzariti. Dall’altra parte il manifesto del No e soprattutto le argomentazioni dei “professoroni” che contestano alla base gli intenti della “Renzi- Boschi”: se in teoria certi obiettivi, fin tanto rimangono a livello di intenti (vedi efficienza, semplificazione, governabilità), sono condivisibili da tutte le persone dotate di intelligenza, ben diverse sono le opinioni una volta che si vanno a leggere nel dettaglio le norme imbastite dal governo costituente (già questa una grave anomalia): una disciplina costituzionale che va a complicare invece che a semplificare e che intende e dare mano libera ad un governo sempre più autocratico e distante dai cittadini elettori. Da questo punto di vista – ripetiamolo – Del Giudice, pur presentando correttamente gli argomenti degli uni e degli altri, ha preso una posizione netta: “al di là delle ragioni politiche contingenti perché i governi passano, la costituzione resta” (pp.4). Senza voler entrare poi nel dettaglio di norme di difficile lettura, ma ben sintetizzate dall’autore, leggiamo in “La falsa mistica della semplificazione” una citazione da Azzariti proprio sull’equivoco di fondo sui fini – e propaganda conseguente- che contrappone i sostenitori del Si e i sostenitori del No: “per la casta al potere ammodernare è sinonimo di semplificare al fine di governare […] Il costituzionalismo democratico deve, in primis, mantenere e assicurare l’equilibrio e la separazione dei poteri, senza, dietro la necessità di governare, semplificare per semplificare”(pp.64). In verità il discorso sulla semplificazione presunta, come ormai molti di noi hanno capito, si infrange di fronte a una normativa caotica che rischierà di provocare costosi contenziosi; e di fronte a norme che, magari in virtù della modifica di una sola parola, rivelerebbero ben altro. Ad esempio il sistema dei quorum per l’elezione del Presidente della Repubblica: l’aver sostituito nel nuovo art. 83 C. (comma 2) i “componenti” con i “votanti” rende più agevole per il governo eleggere un Capo dello Stato su misura, ridimensionando la sua figura di garanzia.
Tutti elementi che fanno dire all’autore del libro che, con la riforma abborracciata del governo, e polemizzando con i professori sostenitori del Si (“gruppo coeso di sostenitori delle riforme renziane”) che l’Italia rischia davvero una deriva autocratica sotto le vesti di una Repubblica premierale. Va detto che l’approccio allarmistico, in previsione del referendum, è stato sconsigliato proprio dal punto di vista della strategia mediatica: probabile che molti elettori, vuoi anche per una sorta di sindrome di “al lupo al lupo”, di questi tempi non sarebbero nemmeno troppo dispiaciuti di avere una specie di dittatorello a capo del governo. Non è quindi un caso se, sempre in appendice, leggiamo il manifesto “Perché non ci schieriamo sul referendum” di Umberto Allegretti ed Enzo Balboni, pubblicato sulla rivista dell’A.I.C. l’Associazione italiana costituzionalisti: un tentativo di conciliare l’inconciliabile, “in quanto sarà poi il “cittadino, e non il giurista tecnico […] a riprendersi, insieme, sovranità e responsabilità nel decidere” (pp.121).
Tant’è Allegretti e Balboni, pur evidenziando che alcuni dei fini della riforma sono in teoria apprezzabili e rifuggendo i toni apocalittici di alcuni giuristi del No (forse non avrebbero apprezzato i toni di Del Giudice), non hanno potuto non far notare che “una revisione costituzionale di una tale portata avrebbe dovuto essere condotta, fin dall’inizio, con tutte che quelle doti […] che sono invece, a nostro parere, clamorosamente mancate” (pp.118). E poi tutta una serie di osservazioni (“del resto se proprio si voleva risparmiare, non era il caso si unificare sì, ma riducendoli i corpi amministrativi e burocratici delle due Camere?”) che ridimensionano non poco l’apprezzamento per il presunto intento riformista del governo. Soltanto che a novembre o dicembre non sarà possibile votare “Ni” e, a differenza di quanto accaduto con “La Costituzione spiegata ai ragazzi”, questa volta il libro di Del Giudice non lascerà dubbi o l’impressione di un allinearsi al manifesto “Non ci schieriamo” di Allegretti e Balboni.
Edizione esaminata e brevi note
Federico Del Giudice, già docente di “Diritto pubblico comparato” presso L’Università Orientale di Napoli e autore di numerose pubblicazioni di diritto costituzionale, amministrativo e comparato. Nel 2010 è stato insignito del Premio Pietro Rutelli.
Federico Del Giudice, “La Costituzione rottamata? Commento alla riforma costituzionale”, Edizioni Simone, Napoli 2016, pp. 127.
Luca Menichetti. Lankenauta, settembre 2016
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