Tra le letture dell’estate appena trascorsa, c’è un libro in particolare che continua ad accompagnarmi anche adesso che gli ombrelloni si sono chiusi da un pezzo: mi riferisco a “Di fiato, d’amore e vento“, l’ultimo romanzo di Pasquale Capraro.
Ferruccio è un blogger brillante, un uomo dalle mille curiosità che lavora dietro le quinte del mondo dello spettacolo: oltre a pubblicare sul proprio sito interviste di scrittori e registi più o meno famosi, collabora con un piccolo ente televisivo ed è in contatto con giornalisti di professione che lo mettono al corrente delle notizie più allettanti. Il suo desiderio di dedicarsi totalmente alla carriera viene però spesso disturbato dalle richieste dell’anziana madre Serena, la quale è ormai incapace di abitare da sola e si è quindi trasferita a casa del figlio: l’educazione estremamente tradizionale e rigorosa di Serena si scontra a volte con l’indipendente riservatezza di Ferruccio, causando tra i due litigi che rischiano di rendere impossibile la convivenza.
Oltre a doversi preoccupare per la madre, il blogger si trova ben presto coinvolto in una faccenda inquietante: il celebre scrittore Francisco Madeira ha un malore proprio mentre sta per essere intervistato da Ferruccio, e muore pochi giorni dopo.
A interessare il protagonista sono però delle voci riguardanti un’opera inedita di Madeira, opera che il figlio ed erede dello scrittore cerca di tenere segreta; pregustando un ottimo scoop, Ferruccio comincia a tastare il terreno nella speranza sia di poter vendere al figlio di Madeira il video con l’intervista del padre (l’ultima che questi ha sostenuto prima di morire, in effetti) sia di ottenere qualche indiscrezione circa l’opera nascosta.
Sfortunatamente per lui, si accorgerà presto di quanto profondo sia il mistero legato ai Madeira, e di come egli stesso sia inconsapevolmente coinvolto nella vicenda: nel romanzo di Capraro, infatti, i personaggi non risultano importanti soltanto per ciò che sono nel presente, anzi lo diventano soprattutto in relazione alle loro origini, al passato dei loro antenati, alle forze ancestrali che si reincarnano di generazione in generazione negli individui ignari.
La cultura dell’Antico Egitto, il concetto di predestinazione e l’ombra che da sempre avvolge l’esistenza di sette segrete entreranno prepotentemente nella storia, e Ferruccio non potrà fare niente per impedirlo: potrà solo tentare di portare alla luce la verità e di lottare per difendere se stesso e la persona che ama.
A proposito di questo, come in ogni romanzo che si rispetti anche in “Di fiato, d’amore e vento” c’è una donna; potremmo addirittura dire che in un certo senso tutto inizi e finisca con lei: d’altronde, in un libro che parla di misteri non potrebbe mai mancare quel mistero eterno che è l’amore… A quarant’anni la disillusione di Ferruccio nei confronti dei rapporti sentimentali rischia dunque di essere cancellata da una passione forte, nata tra i paesaggi del panorama lombardo.
Nel racconto troviamo inoltre protagonisti estremamente realistici: Ferruccio è il tipico blogger votato alla carriera, un esempio della moderna e nuova professione dello scrittore sul web; Serena è la radice che mantiene il figlio (e il lettore) ancorato a un mondo passato, nel quale le regole non scritte influenzavano il modo di sentire della gente più di molte leggi reali: un mondo forse incomprensibile ma ancora dotato di una romantica malinconia, come i diamanti antichi.
Invece Alessandra, la giornalista che aiuta Ferruccio nelle indagini circa la morte di Francisco Madeira, rappresenta a mio parere la speranza: sembra una ragazza come tante, un po’ insicura ed emotivamente gravata da un passato non sempre felice, eppure si rivelerà una fonte di intelligenza, onestà e fascino straordinaria. Alessandra è la speranza di trovare un tesoro anche in luoghi imprevedibili.
Si tratta insomma di un’opera avvincente, a metà tra un thriller e un’appassionante storia d’amore… Alla quale non mancano però una discreta dose di umorismo e numerose citazioni letterarie e artistiche.
Non dimentichiamo infatti che Capraro ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Lecce, pertanto non deve stupirci il suo interesse verso ogni forma d’arte: nel libro troviamo accenni ai capolavori della poesia, della letteratura, dell’architettura, e non da ultimo alla pittura di Leonardo Da Vinci e di Caravaggio.
Lo stile della prosa e il mistero della storia mi ricordano in particolare i dipinti del Merisi: come un Caravaggio, il romanzo di Pasquale Capraro disegna figure luminose su uno sfondo nero: Ferruccio, Alessandra, Serena e Mauro risaltano con le loro personalità ben definite contro l’oscurità del mistero che avvolge lo scrittore Francisco Madeira. Come in un dipinto, i protagonisti della scena sono colti nel bel mezzo di un movimento, di un gesto agitato, di un attimo di tensione: le circostanze, la diffidenza e a volte la paura costringono Ferruccio e gli altri a commettere errori che rischiano di rovinare il quadro, però la capacità di amare che dimostrano di possedere regala armonia all’insieme, e le parole dell’autore trasformano ogni loro debolezza in preziose sfumature di colore.
Come nella “Vocazione di San Matteo”, nel racconto un filo di luce piove nella vita un po’ turbolenta del protagonista, inducendolo a scavare in un segreto che forse dovrebbe restare tale e a mettersi nei guai. Ma il raggio di sole lascia intravedere anche qualcos’altro: una donna che si avvicina, magari un amore…
E le ombre che la luce proietta alle spalle dei personaggi sono spesso più concrete dei corpi in carne e ossa, perché ciò che è nascosto e ancora da scoprire è più importante di quel che si distingue chiaramente.
Dopotutto, è lo stesso Ferruccio a parlare dell’arte di Caravaggio: “Il gioco della luce: forte, radente, drammatica. La stessa che si vede qui e che mi infastidisce la vista”.
Ho detto che è un romanzo cui accostarsi durante le vacanze, perché in effetti le piacevoli descrizioni dei weekend al lago che Capraro inserisce nella vicenda non possono che stuzzicare la voglia di libertà del lettore; però a mano a mano che le pagine scorrono anche l’estate dei personaggi volge verso un settembre apparentemente tranquillo, ma fin troppo ricco di avvenimenti.
Niente di più indicato, dunque, per le nostre letture autunnali!
Elisa Costa, settembre 2016
Edizione esaminata e brevi note
Pasquale Capraro nasce nel 1959 a Gallipoli, si diploma all’Istituto Statale d’Arte di Parabita e, non contento, sperimenta anche l’Accademia di Belle Arti di Lecce. Artista a 360 gradi (pittore, cantante e scrittore) scopre la scrittura quando si accorge che la tela non era il supporto adatto per esprimere le sue emozioni. Dopo aver insegnato Educazione Artistica per alcuni anni, espone comunque la sua arte simbolista ma, col passare del tempo, la passione per la scrittura diventa incontenibile. Esordisce nel campo della narrativa nel 1995 con il romanzo “Rose del Sud” (Edizioni del Grifo – Premio Internazionale Artistico-Letterario Cav. Benedetto Romano – Lecce, 1996). Con Edizioni Cinquemarzo pubblica nel 2011 “Il bacio della sirena”, un giallo sentimentale e nel 2012 “Il tessitore di stelle” un fantasy/thriller (collana Erato). Fanno seguito i piccoli racconti “Luna Piena” e “Un saggio consiglio” (collana Penelope – Libri d’attesa).
“Garden Village”, sempre con Cinquemarzo, di genere fantastico/umoristico, è la sua penultima creazione. “Di fiato, d’amore e vento” è infine un romanzo di genere investigativo, sentimentale, con elementi storici e fantasy.
Pasquale Capraro, Di fiato, d’amore e vento, Cinquemarzo, 2016, pp. 182, € 13
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