La prima regia di Francesco Nuti, Casablanca Casablanca, è un ideale seguito di Io, Chiara e lo Scuro, pellicola che rivelò l’artista toscano al grande pubblico e che metteva in rilievo il rapporto d’amorosi sensi tra il protagonista e il panno verde. Come noto ai suoi estimatori, ma non soltanto, Nuti e il biliardo si sono amati davvero anche nella realtà; di qui la facilità del comico toscano nel mescolare, in un duplice universo tematico che si intreccia, si sfugge, si rincorre, si lascia e si ritrova nel momento culmine, sentimento amoroso classico (ancora una volta Giuliana De Sio) e passione per il panno verde. E questa volta la commedia si fa ancor più sentimentale che in precedenza, immaginando una vicenda dal retrogusto fiabesco, senza peraltro allontanarsi da una possibile realtà: improbabile ma non inverosimile. Il regista gioca sull’equilibrio, al contrario del successivo Tutta colpa del paradiso, opera più lirica, fantastica e allegorica; sorprende per la capacità di creare atmosfere intime, quasi minimaliste: trattasi di commedia raffinata, elegante, sempre legata ai nonsense e ai toni surreali ma meno ridanciana della pellicola diretta da Ponzi.
Lo scenario magico è Casablanca, omaggio dichiarato alla notissima pellicola di Curtiz, nella quale si ritrovano Francesco e Chiara dopo essersi da poco lasciati. Ma facciamo un leggero passo indietro. Francesco e Chiara, oramai insieme da qualche tempo, vagano per l’Italia da una città all’altra: lui fa il cameriere, ma è innamorato e felice, lei la sassofonista in un complessino sfigato che fa cinque persone a sera. In una di queste serate, però, tra i pochi spettatori c’è un ricco e giovane imprenditore che rimane folgorato dalla bravura e dalla bellezza della donna, tanto da proporle un ingaggio e la direzione dell’orchestra sulle navi da crociera. Francesco, più che mai geloso, non la prende affatto bene. La coppia discute animatamente e si separa per non più ritrovarsi, poco prima della partenza di lei. Francesco ha lasciato il biliardo, per un amore che riteneva superiore, al quale donare la totalità di sé: ma il primo amore è difficile da dimenticare, allorché l’ex artista del panno verde regala un colpo, uno solo, ai sorpresi frequentatori di una qualunque sala della città che sta per abbandonare. Artista, certo, perché sul giardino a sei buche Francesco libera un colpo magico, davvero improbabile: l’ottavina reale. E sì che se n’era parlato, se ne parla e se ne continuerà a parlare: esiste davvero questo colpo, si chiede lo Scuro? Per realizzarlo, ne è consapevole il consumato campione, ci vuole una potenza di braccio straordinaria. Ma ecco Casablanca, luogo evocativo e dalle atmosfere di fiaba, nel quale Francresco decide di sfidare i più grandi giocatori al mondo, specialità “goriziana”, tra i quali certo non può mancare lo Scuro, peraltro non il favorito alla vittoria finale. E qui c’è anche Chiara, in una tappa della sua crociera, oramai persuasa dal ricco imprenditore a condividere con lui tanto la vita professionale che quella sentimentale. Ma ritrovato Francesco, al Rick’s American Bar, luogo che si rivelerà fondamentale per l’evoluzione della storia, Chiara capisce subito, pur non immediatamente assecondata dal gelosissimo ex, che l’amore per quello stralunato ma a suo modo unico e geniale individuo è qualcosa che non può non assecondare. Nonostante qualche imprevisto, l’happy end è dietro l’angolo e si consuma nel luogo del loro primo incontro a Casablanca, quel Rick’s Bar che, come un fantasma, appare e scompare. Confermandoci che la realtà percepita dalla mente di chi ama non è affatto monodimensionale, come qualche teorico della ragion pura ci ha lasciato credere.
Davvero un sorprendente esordio alla regia, confermato dall’assenso delle critiche del tempo, questo di Francesco Nuti il quale ci regala un incipit non banale in cui si intuisce la disposizione del comico toscano ad enfatizzare e al contempo svuotare di eccessiva solennità, attraverso l’uso sapiente dell’ironia, quell’elemento mitico o addirittura mitologico che farà spesso capolino nelle sue opere. I titoli di testa partono nella totale assenza di sonoro – né musica e né rumori -, la macchina da presa inquadra il fumo di una sigaretta: l’immagine è sfocata, ma alla fine dei titoli ci rende limpido il volto di Novello Novelli. Il veterano del panno verde parla, con enfasi appunto, con simpatica solennità, delle gesta di Francesco, rivolto a una piccolissima platea: si dice sia passato di qua, si dice sia passato di la, si dice lasci sempre un colpo, uno solo… l’ottavina reale. È davvero suggestivo questo breve e ispirato ingresso di Nuti dietro la macchina da presa, che rivela anche agli occhi del presente capacità indiscusse nel padroneggiare i tempi e modi di rappresentazione, confermando un senso del cinema già esibito come “semplice” attore proprio – ma non solo – in Io, Chiara e lo Scuro. Dicevamo dell’elemento mitico o mitologico, stemperato dallo humour e dalla stravaganza connaturata nell’elemento stesso, evidentissimo nelle sue due prime prove da regista: l’ottavina reale, come lo stambecco bianco dell’opera successiva sono “personaggi” fisici e metafisici che trovano il loro motivo d’esistenza nell’irriducibile necessità di Nuti di inseguire un sovrumano possibile per ingannare una realtà della quale altrimenti, senza l’ausilio del sogno, sarebbe difficile venire a capo. In Casablanca Casablanca il Nuti illusionista è ancor più sottile che in Tutta colpa del paradiso, opera nella quale sono evidenti le continue aperture e cesure narrative, costruendo una storia – per quanto appaia complicato – lineare, nella quale non ci sono dissonanze né strappi improvvisi. Proprio questo equilibrio, indubbiamente fortificato dalla credibilità della recitazione dei due protagonisti, consente al Nuti regista di virare nel fantastico e nell’assurdo lasciandoci la sensazione di non essersi discostato troppo dalla linearità con cui ha scelto di far procedere la pellicola. Il Rick’s Bar che appare e scompare, a seconda degli avvicinamenti emotivi – e dunque non affettivi: quest’elemento non è mai messo in discussione dal regista – dei due protagonisti è proprio l’esemplificazione di ciò che ho appena affermato: più che ingenua consuetudine, pertanto, diventa momento naturalmente consequenziale al tipo di narrazione scelta.
Probabilmente, Casablanca Casablanca è il film meno comico e più sentimentale del Nuti regista, volendo considerare Tutta colpa del paradiso un film a sé, per certi versi non catalogabile nei blocchi canonici del cinema nutiano, pur essendo nutiano nello spirito, evidentemente. Nonostante ciò la farsa emerge potente in alcuni frangenti e regala momenti davvero divertenti, come l’arrivo di Francesco a Casablanca e l’ingresso nell’hotel che l’avrebbe accolto. Qui il Nuti che abbraccia con piacere l’assurdo e il surreale costruisce un paio di sequenze molto ispirate: il grassone in perenne stato vegetativo, piazzato su una sedia lungo il corridoio come soggetto-oggetto di sfogo per la clientela, la quale poteva prenderlo a schiaffi a piacimento. Ancor più nota e fresca nella memoria degli appassionati è la scena successiva, in cui il gestore dell’hotel entra nella stanza di Francesco e gli propone come passatempo un’improbabile donna di piacere. Visto il rifiuto, subito dopo, gli porta un uomo, convinto delle differenti preferenze sessuali del suo ospite: la faccia di Francesco è tutto un programma. La scena colpì anche, al tempo, perché Nuti immaginò, in un improbabile francese, la richiesta dell’amplesso con un curioso e sgrammaticato voulez vouz “trombé” (o tromber, comunque sia termine inesistente), invece del più corretto coucher. Diciamo che molti ragazzi se la rivendettero subito, la richiesta-battuta, una volta in vacanza in Francia; con pessimi esiti, come potete immaginare. Oggi, suppongo, nessuno o quasi la ricorda.
Giuliana De Sio, nella sua a tratti troppo sofisticata e spigolosa bravura, è comunque degna compagna di un artista ispirato che trovò il giusto riconoscimento come attore, quel David di Donatello che lo consacrò tra i grandi dell’italica commedia d’ogni tempo e che, ancora oggi, resta l’ultimo riconoscimento della critica alla sua figura d’artista. Novello Novelli e Carlo Monni sono sempre incasellati ad arte; Marcello Lotti è lo Scuro, stavolta solo di passaggio ma decisivo per le sorti vittoriose di Francesco. A questo proposito Nuti ci restituisce ancora una volta la sensazione di urgenza-necessità d’umanizzazione dei personaggi delle sue opere, immaginando lo Scuro cedergli il posto non solo perché resosi conto che Francesco è l’unico che può battere l’argentino Acanfora (anch’egli personaggio preso a prestito dal reale, allora noto giocatore di biliardo), ma anche e soprattutto perché il maturo campione non s’è mai concesso quelle follie che il suo antagonista d’un tempo prende con tanta leggerezza (far l’amore nel deserto e arrivare tardi al match clou). È sempre il sentimento umano che ha la precedenza, nell’ottica limpida (e per alcuni forse troppo semplice e scontata) nutiana, sulle contese che avvengono sul panno verde, per quanta gloria possano regalare. E l’epilogo non è che un rafforzativo di questa palese verità che aleggia su tutta la pellicola, su tutta l’opera nutiana, mi spingerei ad affermare. Tra l’onirico e il reale, tra il terreno e il sospeso, il primo Nuti regista ci canta comunque, di là dall’ordine in cui li pone, i suoi grandi amori. Detto del rapporto con le donne, che sarà la costante, il leit motiv più evidente di tutto il suo cinema, il discorso sul biliardo, nella fattispecie, più che in Io, Chiara e lo Scuro – relegando Il signor quindicipalle a opera a tema meno convincente – tocca il suo vertice più intimo e poetico. Mitico, come s’accennava in apertura: “… quel tappeto verde di 2,80 per 1,40 metri con gli angoli retti che si chiama biliardo, dove le palle sorridono ai giocatori come il Toscano”. Afferma un sognante Novello Novelli.
Federico Magi, febbraio 2008.
Edizione esaminata e brevi note
Regia: Francesco Nuti. Soggetto: Sergio Donati. Sceneggiatura: Francesco Nuti, Sergio Donati, Luciano Vincenzoni. Direttore della fotografia: Franco Di Giacomo. Montaggio: Sergio Montanari. Interpreti principali: Francesco Nuti, Giuliana De Sio, Novello Novelli, Daniel Olbrychski, Marcello Lotti, Carlo Monni, Alfred Thomas, Domenico Acanfora, Lino Murolo, David Maunsell, Franco Adducci. Musica originale: Giovanni Nuti. Produzione: Gianfranco Piccioli per Union Titanus – Creazioni Homevideo, Mondatori Video. Origine: Italia, 1985. Durata: 100 minuti.
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