Una delle tendenze intime più occultate o dissimulate, per uomini e donne di qualsiasi d’età, è quella di agire preoccupandosi del giudizio altrui. Cercare un modo, il più possibile accettato dall’altro, di modificare in maniera socialmente più giustificabile i propri comportamenti pubblici, fino a nascondere del tutto i più imbarazzanti tic, le più ingombranti manie. Anche l’essere umano più sicuro in apparenza non è esente da questo moto spontaneo di protezione di sé rispetto al giudizio esterno, pubblico ma non sempre manifesto, che ci investe improvviso e che sovente mette a rischio la nostra salute emotiva. Figuriamoci coloro che vivono un’emotività precaria, per non dire incontrollata, come possono reagire a un mondo percepito come continuamente giudicante, anche quando riposa. Emotivi anonimi, diretto dal regista francese Jean-Pierre Améris, è una commedia romantica che tratta con garbo e dolcezza proprio questo tema.
È la storia di due persone assai emotive, Jean-René (Benoit Poelvoorde), proprietario di una fabbrica di cioccolato in crisi perché rimasta conservativa nel concepire i suoi prodotti, e Angélique (Isabelle Carré), pasticcera di talento e fine cioccolataia, consumata però dalla timidezza nell’esporsi. La comune passione per il cioccolato li unisce e, grazie a un destino bizzarro ma tutto sommato benevolo, li mette in rotta di collisione, avvicinandoli pian piano e facendoli addirittura innamorare. Ma per due emotivi come loro l’avvicinamento per tutti più naturale è comunque un’impervia montagna da scalare. Tra qualche inevitabile gaffe e situazioni paradossali, i due non solo faranno coppia vincente sul lavoro ma troveranno anche, sia pur con qualche fatica, un’intesa relazionale destinata a funzionare.
Il film di Améris parte da un buono spunto di base, ovvero trattare in forma leggera un tema che, nella realtà di tutti i giorni, può essere davvero una zavorra insostenibile o fortemente limitante per chi soffre disagi relazionali come quelli proposti dalla pellicola. Emotivi anonimi parte anche discretamente, pur non promettendo molto di più di quello che in effetti restituisce, sia a livello visivo che narrativo, ma si scioglie in fretta in questa sua assenza di peso e di solida struttura, risultando fin troppo sfuggente anche nei momenti in cui il pathos romantico dovrebbe incidere maggiormente. Anche la parte comica, legata ai paradossi e alle idiosincrasie evidenti dei protagonisti, sembra non poggiare su solidi appigli di scrittura, e non convince mai fino in fondo pur mantenendo una sottile gradevolezza d’insieme. La commedia, bisogna premetterlo, non è affatto pretestuosa, non cerca inutili derive autoriali né virtuosismi di sorta ma resta ben ancorata al suo tema cardine e a una struttura narrativa facile facile, scegliendo in sostanza un ritmo costante e uniforme. Lieve intermezzo vagamente surreale, è il canto di felicità della protagonista che si estranea per pochi istanti da ciò che la circonda per esprimere, in positivo, un’emotività che finalmente si libera e si scioglie, grazie all’amore. Ma è davvero un rischio minimo e calcolato, quello di Améris, che non va l’oltre l’accenno di quel che poteva essere e non è stato, tenendo ben a distanza tentazioni alla Amélie (Il favoloso mondo di Amélie, commedia romantica e surreale francese del 2001, diretta da Jean-Pierre Jeunet e straordinario successo in tutta Europa), consapevole della difficoltà di entrare in un universo visivo-narrativo molto più complesso. Dunque si procede in modo diretto, lineare e prevedibile, nonostante l’ottima vena dei due protagonisti (con due attori così, in effetti, si poteva osare di più) e la loro perfetta intesa, che dona sicuramente maggiore incisività alla pellicola, senza regalare sorprese ma eseguendo il compito con indubbia cura formale e con un attenzione al gusto medio degli spettatori che è assolutamente innegabile.
Emerge comunque l’interesse per il tema, e uno sguardo ravvicinato, sia pur a tratti fiabesco, su un mondo spesso abitato da solitudine e repressione di sé, da eccessivo istinto di conservazione e da paure che possono sembrarci improbabili ma che, a guardar bene, non lo sono affatto. I disagi relazionali, i cortocircuiti comunicativi, le paure indotte da una società distratta e precaria e quelle ancestrali che portiamo con noi dall’infanzia diventano, amplificate dai potenti media contemporanei, una miscela esplosiva che mina le più elementari sicurezze. Essere vittima di un’emotività difficilmente controllabile è uno dei nuovi mali del nostro tempo, perverso virus di un mondo che più progredisce nella cura dei danni fisici e anatomici tanto più è a disagio nel rapportarsi ai mali esistenziali che avanzano inesorabili nelle società ricche e opulente. Avvicinare queste evidenze affatto secondarie rispetto a problemi come lo spread e la crisi economico-finanziaria, anche grazie alla leggerezza del cinema di genere, di certo male non può fare. E poi Améris tratta il tema con grazia, misurando geometricamente anche la propria partecipazione emotiva, restituendo leggerezza e un pizzico d’incanto in una visione che, complessivamente, certo non eccelle per originalità ma che senza alcun dubbio non è mai stonata.
Federico Magi, gennaio 2012.
Edizione esaminata e brevi note
Regia: Jean-Pierre Améris. Soggetto e sceneggiatura: Jean-Pierre Améris, Philippe Blasband. Direttore della fotografia: Gérard Simon. Montaggio: Philippe Bourgueil. Scenografia: Sylvie Olivé. Costumi: Nathalie du Roscoat. Interpreti principali: Benoit Poelvoorde, Isabelle Carré, Loretta Cravotta, Lise Lamétrie, Jacques Boudet, Swann Arlaud, Pierre Niney, Stéphan Wojtovicz, Alice Pol, Céline Duhamel, Philippe Fretun, Grégoire Ludig, Philippe Gaulé, Isabelle Gruault. Musica originale: Pierre Adenot. Produzione: Pan Européenne, Studio Canal, France 3 Cinéma. Titolo originale: “Les émotifvs anonymes” Origine: Francia / Belgio, 2010. Durata: 80 minuti.
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