Dopo avere ottenuto i primi importanti riconoscimenti dalla critica con Il fantasma del palcoscenico (1974), e successivamente al non del tutto convincente Complesso di colpa (1975), l’allora mediamente noto Brian De Palma incontrò la letteratura horror di Stephen King ispirandosi quasi fedelmente (salvo modifica al finale) all’inquietante Carrie, prima opera del maestro del brivido adattata per il grande schermo. Ne venne fuori quello che oggi è un vero e proprio cult movie, che ottenne un inatteso successo di pubblico e che consentì a De Palma, forse per la prima volta, di liberare compiutamente il suo notevole talento cinematografico. A dispetto dell’apparenza di genere, il regista statunitense trova nel racconto di Stephen King le suggestioni per dare innesco alle sue intime ossessioni – con al centro, come in altre sue opere, i temi del sesso, della seduzione e dell’emarginazione sociale -, tradotte in allucinazioni visive che incontrano terreno fertile in un dramma dalle venature orrorifiche il quale fotografa impietosamente il nonsenso e il vuoto di una parte degli adolescenti americani, nonché l’inadeguatezza dei loro educatori.
Siamo negli anni Settanta, Carrie White è un’adolescente vittima dell’ossessione-oppressione religiosa della madre, derisa e maltrattata dalle compagne, chiusa in un mondo senza spiragli e compresa solo dalla sua professoressa di educazione fisica. Quando, nella doccia della scuola, è vittima, ignara del significato, delle sue prime – e tardive – mestruazioni, il mondo sembra crollarle addosso. In corrispondenza con l’accaduto, però, la ragazza scopre di avere un potere tanto forte quanto pericoloso: la possibilità di poter spostare gli oggetti con la sola forza del pensiero (telecinesi) e di creare combustioni improvvise le svela un altro da sé che ha radici nel lato oscuro dell’inconscio. Accortasi dell’inusuale dote della figlia, la madre di Carrie è seriamente convinta che il demonio si sia impossessato della giovane, e quando il suo potere di persuasione, da sempre totale ed incontrastato, viene meno, un senso di impotenza misto a rabbia e angoscia la fa sprofondare nella follia più completa. Ma Carrie, fino ad allora scansata e vilipesa oltremodo dai coetanei, sembra poter vivere il suo momento di riscatto quando è invitata a partecipare al ballo di fine scuola da un ragazzo molto popolare tra i compagni. In un primo momento la ragazza tentenna, convinta che sia l’ennesimo scherzo per metterla in mezzo, ma poi si persuade della bontà delle intenzioni del giovane. Finalmente si sente una ragazza accettata, si presenta al ballo e si lascia andare al movimento armonico del corpo, al suo primo, autentico bacio sulle labbra. È tutto perfetto, i poteri oscuri sono sotto controllo, la felicità è in un attimo: la proclamazione della coppia come vincitrice del ballo. Ma il destino, quanto mai avverso per la giovane, è in agguato. Carrie è odiata profondamente da una sua compagna, talmente tanto da restar vittima di uno scherzo crudele. L’incanto di colpo svanisce. Dalla gioia si passa al dolore, e di lì a pochi istanti arriva anche l’odio: è un innesco al suo potere, alla follia. Alla distruzione completa di tutto. Mai l’orrore si era manifestato così virulento.
Davvero un grande De Palma che, da una traccia dalla superficie “teen horror”, come per magia costruisce una parabola sulla crudeltà del sistema e della società americana. L’America menefreghista e superficiale, puritana e religiosa, l’America che vive di convenzioni meschine e inessenziali, pronta a umiliare ed emarginare il diverso. E qui, Carrie, emblema di una diversità fragile quanto vendicativa, è la vittima sacrificale sull’altare dell’egoismo e del nonsenso. Vittima di tutti: di una madre folle del suo delirio religioso, di istituzioni scolastiche assenti se non addirittura compiacenti nel vederla soffrire solitaria e spaesata nel suo angolo buio, di coetanei figli di un benessere vuoto e senza futuro. Quei figli, quegli adolescenti degli anni Settanta fotografati impietosamente da De Palma, sono i manager senza scrupoli di oggi, ma anche i grigi funzionari – i tantissimi sottoposti – di una nazione che sappiamo come è “evoluta” e come è governata. Inutile ripetersi. Carrie invece aveva solo bisogno d’amore, di una comprensione intima e di un confronto con l’alterità che si intuisce esser possibile, ancorché solo nel breve prologo felice prima dell’orrore. Orrore allo stato puro, perché gli ultimi venti minuti del film sono tra più agghiaccianti della storia del cinema.
Notevoli le prove delle attrici, ambedue candidate al premio Oscar. La Spacek (ricordiamo, più di recente, la sua prova con Lynch in Una storia vera) e la Laurie sono perfette: la prima capace di recitare anche solo con lo sguardo, passando dalla calma alla follia in maniera impressionante, la seconda (folle assassina in Trauma di Dario Argento) è la perfetta personificazione dell’ossessione e del male. Nel cast anche John Travolta (prossimo all’ondata di notorietà in arrivo con La febbre del sabato sera) e Nancy Allen, in seguito protagonisti dell’ottimo thriller Blow out, sempre di De Palma. Le musiche di Pino Donaggio regalano atmosfere contrastanti che ben contrappuntano l’alternarsi dello stato emotivo di Carrie e degli snodi essenziali della pellicola.
Uno dei migliori De Palma nella migliore trasposizione cinematografica, unitamente a Shining di Kubrick, di un romanzo di Stephen King. Certamente da vedere, se non l’avete mai visto, o da riscoprire qualora l’aveste visto in età adolescenziale: rivisto in età adulta ha un sapore del tutto differente.
Curiosità: Il romanzo di King include interviste ai sopravvissuti e una conclusione che fa presagire la presenza di un’altra ragazza con poteri simili a quelli di Carrie. Nel 1999 è stato girato un nuovo trascurabile film ispirato al libro. C’è anche un remake per la tv americana, andato in onda nel 2002.
Federico Magi, ottobre 2006.
Edizione esaminata e brevi note
Regia: Brian De Palma. Soggetto: tratto dall’omonimo romanzo di Stephen King. Sceneggiatura: Lawrence D. Cohen. Direttore della fotografia: Mario Tosi. Costumi: Rosanna Norton. Scenografia: Jack Fisk, Bill Kenney. Montaggio: Paul Hirsch. Interpreti principali: Sissy Spacek, Piper Laurie, Amy Irving, Nancy Allen, John Travolta, William Katt, Betty Buckley, Sidney Lassick, Priscilla Pointer, P.J. Soles, Stefan Gierasch. Musica originale: Pino Donaggio. Titolo originale: “Carrie” Origine: Usa, 1976. Durata: 98 minuti.
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