La prima domanda che è lecito porsi, e di conseguenza porre a Gordiano Lupi, scrittore, editore, giornalista e talent scout letterario di Piombino, è la seguente: ma c’era proprio bisogno di una storia del cinema horror italiano? Non bastano forse i generici dizionari di cinema che già sono sul mercato da anni? E poi, ancora: a chi interessa l’horror del tempo andato, quando di crudeltà ed efferatezze a buon mercato ne è piena la vita di tutti i giorni, con tanto di media ad amplificarne l’eco? Non bastano Avetrana o i deliri di sangue di qualche sedicente gruppuscolo satanista divenuto tale per ammazzare la noia e il vuoto esistenziale che restituisce la sempre più desolata provincia del profondo nord? Domande generiche, sì, forse un po’ retoriche e moralistiche. Domande comunque legittime per chi ignora l’arte filmica a tutto tondo, il fascino che ancora esercitano sulla generazione dei trenta-quarantenni i gotici all’italiana e i thriller argentiani. Gordiano Lupi, amante dell’horror dei Sessanta-Settanta-Ottanta e più in generale di un cinema di genere sempre abbastanza vessato o comunque poco apprezzato dalla critica ufficiale (non a caso Lupi cita sempre Mereghetti come contraltare critico alle sue considerazioni), ha fatto uscire per le Edizioni Il Foglio il primo volume di un corposo lavoro immaginato in sei distinti libri riguardante per l’appunto la storia del cinema horror del Bel Paese.
Questo primo volume è dedicato al gotico, e comprende analisi veloci e leggere ma molto ben documentate sull’opera di artisti dimenticati o comunque non considerati come avrebbero dovuto. Tra di essi spiccano le figure di Riccardo Freda e Mario Bava, veri padri del cinebrivido nostrano, ma anche quella di un artista complesso e sfaccettato come Antonio Margheriti che contaminando i generi cercò di coniugare impegno e intrattenimento. Tantissimi altri nomi cita Lupi, alcuni totalmente sconosciuti anche agli appassionati, altri estranei al genere ma finiti, sovente per necessità, a confezionare opere orrorifiche per continuare a lavorare nel dorato mondo della settima arte o molto più comunemente perché bisognosi di denaro. Il lavoro di ricerca compiuto dallo scrittore toscano è notevole, perché non soltanto riporta alla luce nella sua totalità un cinema sovente sepolto e nemmeno trovabile in rete, ma ci regala suggestioni importanti riguardo alle storie, si lascia andare a una critica puntuale che rifugge enfasi e virtuosismi ma va diritta al cuore delle opere. Ecco che accanto a pellicole e autori simbolo di un genere peraltro molto più complesso di quel che occhi disinteressati o pregiudizialmente critici potrebbero pensare, troviamo vere e proprie chicche, perle nascoste anche agli occhi dell’appassionato a cui Lupi ha il pregio di restituire vita attraverso semplici ma pregnanti note critiche.
Dopo l’introduzione di Ernesto Gastaldi, che ci racconta di sé attraverso l’analisi delle sue prime, emblematiche sceneggiature, il volume apre con il misconosciuto – se si eccettua lo zoccolo duro degli appassionati di genere – Riccardo Freda, padre dell’horror all’italiana, che nel 1957 diede alla luce il primo vero film di genere: I vampiri. Lupi si sofferma molto sull’analisi di questo primo film per poi farci un quadro suggestivo di Freda, delle sue ossessioni di artista tutto sommato poco compreso e assolutamente poco avvezzo alle luci della ribalta e alla facile notorietà. Tra i suoi imperdibili, nel genere, Lupi ci ricorda altri due titoli significativi, L’orribile segreto del dottor Hitchcock (1962) e Lo spettro (1963), ma non soltanto. Per certi versi ancora più significativa è l’opera di Mario Bava, che con i suoi film influenzerà diversi filoni di genere nel genere, tra i quali il così detto thriller argentiano (La ragazza che sapeva troppo, 1962) e lo slasher (Reazione a catena, 1971). Tra le sue pellicole, i must per gli appassionati sono diversi: si va da La maschera del demonio (1960) a La frusta e il corpo (1963), da I tre volti della paura (1963) a Operazione paura (1966), senza dimenticare il già citato e dal seducente incastro narrativo Reazione a catena. Bava sdogana totalmente l’horror a una fascia più corposa di pubblico e incuriosisce anche parte della critica non prevenuta nonché artisti della settima arte di varia provenienza e collocazione temporale. Oltre ad Argento e Carpenter, per fare due nomi celebri nell’horror, rilevante e più volte ribadita dallo stesso autore è l’influenza che hanno avuto i film di Mario Bava nell’opera di Quentin Tarantino (uno su tutti, pur non essendo un horror, Cani arrabbiati, del 1976).
Tanti sono i nomi che Lupi rispolvera e restituisce alla curiosità dei suoi lettori. Accennato di Margheriti, definito il Roger Corman italiano, di cui mi piace ricordare in questa sede Danza macabra (1963) e Il terrore negli occhi del gatto (1973), sarà bene segnalare, sia pur solo nominalmente, qualche altro artista che gli appassionati avranno certamente la curiosità di andarsi a cercare, dopo aver letto il libro: Giorgio Ferroni, Mario Caiano, Massimo Dallamano, Renato Polselli, Walter Ratti e davvero tanti tanti altri. Diverse anche le curiosità e gli aneddoti, buoni gli approfondimenti su pellicole di autori non avvezzi al genere ma capaci di concepire opere che ancora oggi mantengono inalterato il loro fascino ossessivo e perverso (una su tutte, l’agghiacciante Toby Dammit del grande Federico Fellini, terza e più affascinante storia contenuta nel film Tre passi nel delirio, del 1967). Vi perderete tra nomi e titoli, e se siete veri appassionati – come chi vi sta parlando – vi metterete li carta e penna, o col computer accesso, a cercare questo o quell’autore, a maledire la distribuzione per qualche opera poco o mal distribuita o semplicemente a sperare di poter scovare in giro ciò che per i più è morto e sepolto. Io stesso, da appassionato ed esperto di genere, sono rimasto sorpreso della completezza della ricerca portata a compimento da Gordiano Lupi, e se tanto mi dà tanto i prossimi volumi saranno egualmente interessanti, un ulteriore tassello a un’operazione complessiva che non ha eguali, al momento, in Italia.
Ecco che la risposta al quesito che proponevo all’inizio viene di conseguenza. Certo che è necessaria una storia del cinema horror italiano, come è necessario ogni lavoro originale e ben fatto, ogni ricerca che aggiunga al consueto e conosciuto, che solletichi la curiosità dei cinefili o cinecuriosi nel voler scoprire nuovi mondi o quanto meno a guardarli senza pregiudizio. Tutto questo potete trovare nell’ultima fatica di Gordiano Lupi, il quale ci regala anche, a conclusione del testo, le parole di alcuni nomi noti ai cultori dell’horror all’italiana, come Antonio Tentori, Ernesto Gastaldi e Dardano Sacchetti. Proprio lo sceneggiatore Dardano Sacchetti sarà tra i sicuri protagonisti del prossimo volume, dedicato al cinema di Dario Argento e Lucio Fulci. E va da sé che se volete saperne di più, non avete altro fare che acquistare Storia del cinema horror italiano – da Mario Bava a Stefano Simone. Vol.1 – Il Gotico. Per appassionati e curiosi, ma non soltanto.
Federico Magi, giugno 2011.
Edizione esaminata e brevi note
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