Student Hostel, Inverness 21 Agosto 2016
Vengo svegliato alle prime luci dell’alba da qualcuno che apre la porta della camera: una ragazza con zeppe alte venti centimetri, calze a rete e capelli blu acceso. Sono ancora mezzo addormentato e devo concentrarmi qualche secondo per essere sicuro di non stare sognando.
Riesco a riaddormentarmi, ma dopo quelli che sembrano pochi istanti suona la sveglia. Scendiamo nella sala comune e vediamo che anche oggi splende il sole, la nostra fortuna metereologica continua imperterrita. Camminiamo fino alla stazione degli autobus, dove ne prendiamo uno che ci porta fino al castello di Urquhart, la più classica meta turistica del lago di Loch Ness. Ripercorriamo la stessa strada di ieri, oltre a noi qualche altro turista, tra cui due giovani ragazze dall’accento vagamente milanese.
L’autobus ci lascia in un grande parcheggio dal quale si arriva rapidamente ad uno scintillante centro visitatori interrato, punto d’accesso al castello. Dentro troviamo un grande negozio di souvenir, un ristorante, una piccola mostra con vari oggetti rinvenuti nel castello e perfino una sala dove viene proiettato un breve filmato sulla storia del luogo. Il fortilizio ha origini piuttosto antiche: la sua prima costruzione infatti avvenne intorno al XIII secolo. Negli anni passò spesso di mano tra alcuni dei clan più potenti della Scozia, finchè nel 1692 non venne abbandonato e fatto saltare in aria per evitare che fosse utilizzato dai Giacobiti, che erano i sostenitori di Giacomo II, monarca inglese di religione cattolica destituito dal parlamento inglese nel 1688 per essere sostituito da sua figlia, Maria II e da suo marito, Guglielmo III d’Orange, entrambi protestanti. Secondo i giacobiti, quest’atto del parlamento era da considerarsi illegale e il trono avrebbe dovuto essere restituito a Giacomo II.
Il filmino non dura molto; le ricostruzioni sono molto ben fatte e le spiegazioni sono semplici e chiare. Quando finisce i teli che formano lo schermo si aprono, rivelando un’ampia vetrata attraverso la quale si vede il castello.
Le rovine non sono certo le più memorabili e sono abbastanza sicuro che se si trovassero in Italia sarebbero sconosciute ai più. Queste mancanze sono tuttavia sopperite dalla fantastica posizione, la quale offre una superba vista sul lago. In ogni sezione, dei cartelli spiegano un aspetto della vita nel castello: le stalle, la sala da pranzo, la cappella, le stanze dei signori e quelle del ciambellano, dotate entrambe di bagno privato, un vero lusso per l’epoca. Una stretta scala a chiocciola porta in cima al bastione più alto ancora rimasto in piedi, da qui i turisti scrutano l’acqua del lago con la speranza di vedere qualche ombra o qualche sagoma riconducibile al mostro. Per qualche attimo, pure io vedo una sorta di ombra stretta ed allungata al centro a qualche centinaia di metri, è immobile e capisco presto che deve trattarsi di una scia dovuta al passaggio di qualche barca. Anche altri visitatori la notano e in pochi secondi tutti stiamo guardando verso il lago. Probabilmente nessuno di noi crede veramente al mostro, ma fermarsi per qualche fugace occhiata viene comunque istintivo.
Siamo solo a metà mattina ma il flusso di turisti è già cospicuo e tra questi i più numerosi sono gli italiani. Ho insistito io per venire qui e non me ne pento, il paesaggio del lago valeva da solo il prezzo del biglietto, decidiamo però che è tempo di andare e così usciamo. Percorriamo la pista ciclabile che dal castello costeggia la strada fino ad arrivare al villaggio di Drumnadrochit, a circa due chilometri e mezzo.Il villaggio non è proprio sulle rive del lago ma si trova all’estremità di un’insenatura. La pista ciclabile passa di fianco a campi erbosi e case di campagna. Una di queste ha un giardino recintato dentro al quale corre una piccola ferrovia con un treno a misura di bambino. Questo suscita la mia più profonda ammirazione ed invidia: ho una certa passione per i treni in miniatura e da quando ero bambino ho deciso che il giorno in cui avrò una casa mia ci costruirò dentro una piccola ferrovia, possibilmente con il lego.
Troviamo un minimarket dove ci procuriamo il pranzo e poi proseguiamo fino all’ufficio turistico della città. Drumnadrochit è il luogo dove il business legato al mostro raggiunge la sua massima espressione: qui ci sono ben due esposizioni dedicate a Nessie, Nessieland, per i bambini e il Loch Ness Centre & Exhibition, dove la storia del mostro viene spiegata con un approccio più scientifico. La giornata è splendida e non vogliamo passarla al chiuso, decidiamo quindi di compiere una delle passeggiate del vicino Craig Monie: una collina che in passato ospitò insediamenti preistorici e poi addirittura un forte vichingo. Il sentiero è facile e s’inoltra rapidamente nella fitta vegetazione, tra questi ci sono alcuni alberi secolari che probabilmente hanno visto passare sotto le loro fronde gli stessi vichinghi. Troviamo una panchina dove consumare il nostro pranzo e poi ripartiamo.
Raggiungiamo il centro di Drumnadrochit, che in verità non è molto grande ed è composto soprattutto da negozi di souvenir e ristoranti.
L’autobus per Inverness passa tra due ore e quindi ci distendiamo su un prato in attesa. L’erba bassa e morbida è l’ideale per una comoda siesta al sole. Ci concediamo anche un tè ed una fetta di torta nel vicino ristorante: torta fatta in casa a base di limone e lime, molto dolce ma priva di altri pregi particolari.
In mezz’ora siamo di nuovo ad Inverness, una volta in ostello troviamo nella sala comune un ragazzo che avevamo già intravisto ieri ma con cui solo ora scambiamo qualche parola. Si chiama Tony, ha i lineamenti tipici del sud-est asiatico, ed infatti scopro che ha i genitori indonesiani, anche se è nato e cresciuto in Australia. Lavora per il ministero della salute e siccome aveva ben un mese di ferie da utilizzare ha deciso di fare un viaggio in Gran Bretagna. Oltre a lui conosciamo pure un ragazzo americano di New York che è appena arrivato e che si trova ad Inverness per studiare per un semestre. Sorride molto e credo sia la prima volta che viaggia in Europa, perché tutto sembra affascinarlo. Poco dopo si aggiunge un’altra americana, Madeline, bassa di statura ma con due grandi occhi azzurri, lavora nell’ostello e spesso si occupa di accompagnare fuori gli ospiti la sera. Non passa molto che arriva pure Sam, ragazzo francese ma con genitori inglesi; abita in un paesino delle Alpi francesi, lavora in una compagnia che vende non so bene cosa. Ha una gran bella barba rossa e m’ispira immediata simpatia.
La conversazione prosegue tranquilla e quando Tony propone di uscire insieme dopo cena tutti sembrano entusiasti. Questo alla fine è quello che succede negli ostelli: incontri gente interessante con cui cominci a parlare, pian piano se ne aggiunge altra e poi per una sera si diventa tutti migliori amici, con la consapevolezza che probabilmente il giorno dopo non ci si rivedrà già più. Uno può prendere queste amicizie usa e getta come un qualcosa di triste e sterile e alla lunga possono diventare quasi fastidiose, tuttavia hanno il gran pregio di allargare i propri orizzonti mentali e sono pure degli eccellenti esperimenti per vedere come ci si relaziona con persone appena conosciute.
Per cena do sfogo al mio estro culinario: pezzi di manzo con soffritto di cipolla e burro trovati per caso nel frigorifero dell’ostello e rosmarino, il tutto condito con pomodori. Una ragazza francese che lavora nell’ostello e che sta cucinando sul fornello vicino al nostro si complimenta per il buon odore della mia creazione. Elena ne sembra meno convinta, commentando che la carne è leggermente dura e in effetti è abbastanza vero.
Ci ritroviamo nella sala comune con gli altri: si aggiungono pure Daniel, un ragazzo polacco che oggi compie venticinque anni e che lavora a Londra, Robert, un ragazzo francese che parla poco inglese ma sorride molto e Clara, una ragazza tedesca appena arrivata e che è stata approcciata da Tony già dopo pochi secondi che era entrata. In effetti è molto carina: alta, magra, capelli lunghi e ricci, viso pulito ed occhio intelligente, indossa un cappottino giallo per cui tutte le ragazze presenti le fanno i complimenti. Arriva da Helsinki dove ha appena finito un Erasmus di nove mesi e fin dalle sue prime battute sembra di sentire me stesso dopo che ero tornato dal mio Erasmus.
La prima tappa della serata è l’Hootananny, lo stesso pub dove siamo stati ieri sera. Stavolta andiamo nel retro, dove c’è un piccolo spiazzo all’aperto con una lunga panca ed un paio di tavoli. Dapprima la conversazione è meno fluida per via di una timidezza generale, tuttavia più il livello della birra nelle pinte si abbassa e più le lingue si sciolgono. Discuto molto con Tony, l’australiano, dei rispettivi viaggi, a noi si aggiunge pure Clara, la tedesca, che ci fa una specie di breve conferenza sui comportamenti bizzarri dei finlandesi. Nel frattempo Elena chiacchiera con una ragazza brasiliana appena arrivata. Quando rivela a tutti che sono suo fratello lo stupore è generale: erano tutti convinti che fossi il suo ragazzo.
L’americano di New York e Clara cominciano a discutere appassionatamente e a me pare di vedere tutti i segnali di un corteggiamento, adotto una classica strategia d’uscita e vado a prendermi una seconda pinta. Dentro trovo il barbuto Sam, che immobile ascolta un gruppo di amici che suona seduto ad un tavolo del pub. La dinamica sembra la stessa del gruppo in cui ci siamo imbattuti a Stirling: ognuno ha il suo strumento e il repertorio spazia attraverso il folk scozzese e quello irlandese. Torno fuori con Sam, con il quale inizio un’appassionante conversazione sul Trono di Spade, una delle mie serie preferite.
Alla fine della seconda pinta comincio a sentirne gli effetti collaterali e così mi avvio verso i bagni. Qui alla radio sento passare una canzone di Taylor Swift che dice “We are never, never, never, getting back together”, “Non torneremo mai, mai, mai, più insieme”. Lei si riferisce al suo ex fidanzato ma per me questa canzone ha assunto un altro significato che guarda caso mi riconduce di nuovo al mio Erasmus: in quei mesi la sera uscivo spesso con un gruppo piuttosto eterogeneo di amici, tra i quali c’era pure Alex, ragazzo australiano noto per prendersi delle sbronze epiche e per non ricordarsi poi niente il giorno seguente. La suddetta canzone era molto popolare nei locali inglesi in quel periodo e ogniqualvolta mi trovavo fuori con Alex, capitava spesso di perderlo di vista e di tornare a casa senza di lui. Alla domanda poi su dove fosse finito, lui non sapeva quasi mai rispondere e così capimmo che nemmeno noi saremmo “mai, mai, mai più tornati insieme”.
Dopo un paio d’ore il gruppo si è ingrandito e si è anche fatto più rumoroso, Madeleine, l’americana che lavora nell’ostello, propone di spostarci in un altro pub. Arriviamo così al Johnny Foxes, pub irlandese vicino alle sponde del fiume Ness. Il locale è molto più grande dell’Hootananny e anche qui c’è musica dal vivo: un uomo con una chitarra che canta qualche classico del rock. Forse non dovrei prendere un’altra pinta ma la tentazione è troppo forte e così opto per una Tennent’s, la più famosa birra scozzese, facile da trovare anche in Italia ma che ovviamente qui costa meno ed è più buona.
Mi ritrovo di nuovo chiacchierare con Clara: studia diritti umani, io ho appena concluso un’esperienza di nove mesi di lavoro in un centro sui diritti umani ed è quindi automatico che si finisca a discutere dei massimi sistemi della politica internazionale fuori dal locale, dentro infatti c’è troppo rumore. Ci raggiungono Sam, Elena e la brasiliana, che ci ascoltano senza sembrare troppo interessati. Nel frattempo Madeleine è impegnata in un appassionato scambio di saliva con un ragazzo australiano che si aggiunto da poco al gruppo.
Ormai è l’una e decidiamo di ritornare all’ostello. Come sempre alla fine di una serata a base di pub e pinte, avremmo tutti voglia di un hamburger o di un kebab, purtroppo però non c’è nulla di aperto e così ci limitiamo a crollare tutti sul divano della sala comune. Un po’ alla volta molti vanno a letto e alla fine resto solo con Sam, Clara, Daniel e Madeleine. La discussione verte sul valore artistico di un quadro appeso sulla parete opposta al divano: rappresenta un tramonto ma i colori ci sembrano in qualche modo sbagliati e dopo uno scambio d’opinioni decidiamo di rovesciarlo per vedere se domani qualcuno se ne accorgerà. Portata a termine questa preziosa missione culturale capisco che è giunto anche per me il momento di coricarmi. Saluto tutti e torno in camera dove Elena sta già dormendo di gusto.
La serata è stata molto piacevole, queste sono occasioni preziose che arricchiscono e che abituano a stare con tutti Come controindicazione però lasciano una spiacevole punta di tristezza dovuta alla consapevolezza di aver incontrato persone estremamente interessanti, ma che sarà difficile rivedere. Forse si tratta solo di una manifestazione pratica della società veloce ed “usa e getta” in cui viviamo o magari di un problema che da sempre affligge coloro che viaggiano, non lo so. So però che stasera ho imparato molto su alcune bizzarre usanze finlandesi e che ho avuto un interessante confronto con una persona che ha fatto i miei stessi studi.
Links:
https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Urquhart
https://it.wikipedia.org/wiki/Drumnadrochit
Francesco Ricapito Settembre 2016
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