Coloro che hanno letto “La Costituzione spezzata”, siano pure ammiratori del berluschino, credo potranno convenire che Andrea Pertici è persona molto educata. Di questi tempi è molto difficile mantenere la calma e la lucidità di fronte al can can mediatico che precede il fatidico 4 dicembre 2016; soprattutto se non si crede affatto all’adagio che “tanto non cambia niente”. Oppure, al contrario, se non si apprezza nemmeno il “cambiamo, almeno succede qualcosa”, “se poi va male si cambia ancora”. A prescindere da ogni altra considerazione di merito, come se cambiare per cambiare, anche in peggio, sia comunque cosa buona e giusta.
Pertici, professore ordinario di diritto costituzionale – nella considerazione che la stragrande maggioranza degli elettori andrà alle urne senza aver letto la riforma in parallelo con l’attuale Costituzione, ma piuttosto voterà in base alla propria appartenenza politica, alla repulsione per i sostenitori dell’altra parrocchia o in base al sentito dire – ha voluto demistificare molti degli slogan più in auge. Da questo punto di vista più politico e diretto Giuseppe Civati che, in postfazione, dice la sua con apprezzabile schiettezza: “Un misto di arroganza e di superficialità, insomma, che ci consegna un testo pieno di contraddizioni, che manca di equilibrio e di lungimiranza, che consegna il sistema istituzionale a una confusione che può diventare anche occasione di sciatto autoritarismo” (pp.177).
Stesso concetto espresso anche da Pertici ma, appunto, con approccio di giurista che conosce l’importanza della lingua italiana: “la cattiva formulazione delle norme […] naturalmente non è una questione estetica, ma sostanziale. Da questa, infatti, derivano contraddizioni, difficoltà interpretative e in molti casi addirittura il serio rischio di andare in senso esattamente opposto a quello che ci si era prefissato, determinando una complicazione, anziché una semplificazione, del sistema” (pp.172). Un testo raffazzonato e poco leggibile, frutto di una fretta indiavolata. Andrea Pertici, proprio perché è educato, non lo scrive esplicitamente, ma agli occhi di noi gufi malfidati è evidente che il governo Renzi, sulla scorta delle leggi ad personam di berlusconiana memoria, ha voluto imbastire in fretta e furia una costituzione ad personam; con tutto quello che ne consegue di forzature e di mistificazioni. L’analisi del giurista però non fa sconti; anche per quanto riguarda le tante procedute irrituali che hanno accompagnato il disegno di legge costituzionale. Di conseguenza anche il dato meramente letterale – filtrato dai soliti slogan incredibilmente semplicistici – può essere letto sotto ben altra ottica. Non soltanto i punti più dibattuti della riforma, come, ad esempio, il doppio incarico dei consiglieri-senatori, la loro selezione, la rappresentanza delle Regioni che fa a pugni con la logica e la matematica. Pensiamo a quando i sostenitori della riforma Boschi-Verdini ci parlano di governabilità e di norme che in realtà non ampliano i poteri del premier: “In effetti, il rafforzamento dell’Esecutivo non passa, in questo caso, per una diretta modifica costituzionale, ma, da un lato, attraverso una legge elettorale che assicura alla minoranza la maggioranza assoluta della Camera, dall’altro, attraverso un forte indebolimento del Parlamento non solo nella sue funzioni di controllo del Governo ma anche nell’esercizio della funzione legislativa che – come vedremo – è resa molto complessa e incerta” (pp.49).
Mentre “un voto negativo al referendum costituzionale, non solo non sarebbe preclusivo di nulla, ma allontanerebbe probabilmente la prospettiva di “grandi riforme”, per privilegiare più concreti interventi sulla Costituzione, anzitutto in una logica di corretta attuazione e manutenzione, oltre che con alcune puntuali modifiche di sistema (secondo quanto indicato), tutte orientate al progresso della democrazia. E con interventi capaci di valorizzare la partecipazione popolare e, con essa, i principi e diritti contenuti nella Costituzione stessa (senza possibilità di separare la prima dalla seconda parte) che potremo dire – con Calamandrei – che lo Stato siamo noi” (pp.173).
Altra considerazione condivisibile riguarda il famoso “ce lo chiede l’Europa”, e, di conseguenza, anche il basso livello dell’informazione italiana: “Talvolta […] il richiamo pervenuto da alcune istituzioni europee alla necessità per l’Italia di procedere ad alcune ‘riforme” è stato accostato, con notevole e strumentale approssimazione, alla revisione costituzionale, mentre risulta evidente, dalla più attenta lettura di suddette dichiarazioni, che questa non viene in alcun modo presa in considerazione (anzi ci si potrebbe chiedere perché, ad esempio, non si è ancora dato seguito, all’invito, espresso nel 2005 dal Consiglio d’Europa, attraverso la Commissione di Venezia, a riformare la legge sul conflitto d’interessi)” (pp.69). Tra i tanti temi controversi, vuoi a rischio conflitto d’attribuzione, vuoi a rischio di complicazione del sistema, Pertici analizza la famigerata “clausola di supremazia”, espressa con “un’indicazione davvero generica quanto alle condizioni, che si accompagna alla totale assenza di limiti di oggetto” (pp.134).
E poi la critica fondamentale, quella che si lega alla “fretta”, alla velocità, al fare presto altrimenti chissà cosa succede (rimarrebbe quella Costituzione che, già malamente e più volte emendata, i tanti sostenitori del “Si” fino a ieri spacciavano – con fin troppa benevolenza – la “Costituzione più bella del mondo”). Lo ricorda anche il professor Zaccaria nell’introduzione al libro: “il rischio [ndr: nel nostro caso pianificato e fortemente voluto] di trasformare il referendum costituzionale in un plebiscito sul governo”; e quindi “Spostare l’attenzione del quesito esplicito al quesito implicito, cioè l’approvazione generale della politica del Governo, anche grazie all’abilità del grande seduttore e alla manipolazione dei media” (Franco Monaco”). Mentre in quel 1948, “rottamato” dai riformatori Boschi-Verdini, Calamandrei sottolineava l’effettiva libertà dei “costituenti nel discutere il testo della Costituzione senza essere condizionati da una proposta del governo” (pp.7). E difatti: “De Gasperi fu sempre molto attento a non interferire con l’attività dell’Assemblea […] mostrando grande scrupolo nel non mescolare l’attività di governo con quella costituente” (pp.25). Davvero altri tempi.
Edizione esaminata e brevi note
Andrea Pertici è professore ordinario di diritto costituzionale all’Università di Pisa. Nel 2007 è stato consigliere giuridico presso l’Ufficio legislativo del Ministro per le politiche europee; ha svolto e svolge attività di consulenza giuridica per enti e istituzioni pubbliche. È autore di numerose pubblicazioni scientifiche, tra cui “Il conflitto di interessi” (Giappichelli, 2003) e “Il giudice delle leggi e il giudizio di ammissibilità del referendum abrogativo” (Giappichelli, 2011); è coautore del “Commentario alla Costituzione” (Utet, 2006) e del “Manuale di diritto costituzionale italiano ed europeo”, a cura di R. Romboli (Giappichelli, 2015). Con Giuseppe Civati ha scritto “Appartiene al popolo. Come restituire la sovranità ai cittadini” (Melampo, 2014). Collabora con alcune testate giornalistiche e in particolare scrive su «Huffington Post» e «Articolo 21».
Andrea Pertici, La Costituzione spezzata, Lindau (collana Le Frecce), Torino 2016, pag. 192. Prefazione di Roberto Zaccaria. Postfazione di Giuseppe Civati.
Luca Menichetti. Lankenauta, dicembre 2016
Follow Us