Un presepio molto animato quello che ci presenta Giovanni Papini in questi brevi “Soliloqui di Betlemme”, pubblicati nel 1935 sulla “Lettura” del Corriere della Sera.
Si tratta di nove quadri sulla Natività, nei quali compaiono i punti di vista dei più diversi personaggi umani o animali: il locandiere, il padrone della stalla, il pastore rimasto indietro, le pecore lasciate sole, la levatrice, il topo nel muro, il bove, il passerotto sul tetto, l’asino.
C’è chi accoglie il bambino, ne intuisce la straordinarietà e l’eccezionalità, chi invece rimane fermo nella propria idea, certo di aver compiuto la scelta giusta (ad esempio il locandiere che li ha cacciati).
La raffigurazione del presepe è tradizionale riguardo l’iconografia: san Giuseppe è anziano, Maria è giovanissima e di una bellezza dolce e desueta.
“…con quel viso umile eppure appassionato, con quegli occhi di bambina venuta da un mondo più chiaro del nostro. E sembra che porti un gran segreto stretto al petto come un’altra porterebbe un mazzo di fiori”.
Partorisce senza dolore e non dà quindi lavoro alla levatrice.
Quanto al bambino, è placido e sereno, non piange neppure come di solito fanno tutti i neonati.
“Non sembra un fanciullo vero ma un’apparizione, un piccolo Dio capitato per sbaglio in mezzo ai fili dell’erba secca…[…] Esce da lui un chiarore caldo, una lucenza amorosa, che trapassa ogni cosa e fa bene al cuore”. Così dice il bove.
“Non ha paura di me. Direi quasi che mi vuol bene, che mi vorrebbe consolare. In nessuno sguardo umano ho mai scoperto una tale espressione.”
C’é, in questi brevi quadri, una grande forza evocativa, che non sconfina mai nella retorica, c’é una commozione composta, un senso di stupore e meraviglia per l’incarnarsi di colui che s’intuisce essere Dio e che “guarda tutto come se volesse attirarlo a sé”.
C’é il desiderio di rimanere vicino a quel Dio, per contemplarlo, per amarlo in silenzio, sentendosi amati per primi da Lui.
Naturalmente ci sono anche personaggi che non colgono l’importanza dell’evento e tengono n considerazione solo il loro punto di vista, o sospettano stregoneria (la levatrice), è normale anche questo.
Papini, che nella sua vita fu un feroce polemista, ateo proclamato, interventista che elogiò la guerra come salutare bagno di sangue e in seguito protagonista di una totale conversione al cattolicesimo (1921), lascia da parte toni retorici o aggressivi e acrobazie intellettuali, qui lo stile è semplice e chiaro. Come osserva Franco Ferrarotti nella sua nota di lettura “Papini riconcilia il dogma della Natività con il vissuto degli animali umani e non umani, dei pastori, delle loro pecore, del bove e dell’asino”. Qui lascia da parte “Gianfalco”, suo pseudonimo,, ritorna uomo tra gli uomini, molto più umile e capace di intuire il mistero di una scena come quella dell’Incarnazione.
Edizione esaminata e brevi note
Giovanni Papini (Firenze 1881- 1956) scrittore, polemista, poeta italiano. Partecipò a riviste come “Il Regno” e “Leonardo”. Nel 1908 fondò con Prezzolini “La Voce”, destinata a essere una delle principali riviste culturali del Novecento. Nel 1921 si convertì al cattolicesimo.
Giovanni Papini, Soliloqui di Betlemme, Bologna, Edizioni Dehoniane 2016. Nota di lettura di Franco Ferrarotti
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