Ho conosciuto Alessandro nel dicembre del 2014 a Baku, in Azerbaigian: come me, anche lui si trovava là grazie ad una borsa di studio dell’Università Ca’ Foscari. Persona tranquilla e pacata, appassionato di musica metal e di lingue, il suo accento era piuttosto neutro e non riuscivo a capire da che parte d’Italia venisse: la risposta fu “da Stacciola”.
Stacciola? Mai sentito, non avrei nemmeno saputo dire in che regione si trovasse. Lui, evidentemente abituato a queste reazioni, mi spiegò che si tratta di un piccolo borgo, frazione del comune di San Costanzo in provincia di Pesaro Urbino e che è famoso in tutta la regione per la “crescia”, di cui ogni anno organizza la sagra.
Crescia? Mai sentita nemmeno questa, ma neanche il tempo di chiedere qualche informazione che già Alessandro era partito con la spiegazione: una semplice focaccia, farcita con strutto, rosmarino e cipolla che una volta le famiglie del borgo cuocevano nel forno comune per verificare che fosse abbastanza caldo per metterci il pane.
Continuando la nostra chiacchierata sul suo borgo vidi in Alessandro lo stesso senso di appartenenza e di orgoglio che in genere si ritrova negli isolani di tutto il mondo e mi venne quindi la curiosità di visitare Stacciola e di assistere a questa sagra che tanto ne aveva cambiato i destini. Ci sono riuscito ad agosto 2016, ospite proprio di Alessandro, con cui nel frattempo è nata una bella amicizia.
Da un punto di vista estetico Stacciola è un pittoresco pugno di case ed abitate da 73 anime e arroccate su una piccola collina da cui si ha una bellissima visuale sul circondario. Qualche stretta via, una minuscola chiesa intitolata a San Giovanni Evangelista, uno spiazzo con qualche panchina, un’adorabile piazzetta ed un’atmosfera senza tempo, un luogo semplice, proprio come il suo piatto tipico.
Il padre di Alessandro, Stefano Goffi, è uno dei fondatori della sagra nonché il primo presidente del Comitato Cittadino di Stacciola: tutto iniziò nel 1986, quando lui, allora ventiquattrenne, insieme ad un gruppo di amici, decise di fare qualcosa per impedire che Stacciola, da anni ormai in declino, perdesse anche i suoi ultimi abitanti. Organizzarono così delle elezioni per nominare un direttivo di dieci persone che potesse rappresentare il borgo presso il comune di San Costanzo. Per l’occasione, di fianco allo scatolone che fungeva da urna, posizionarono pure una scatola da scarpe per raccogliere le offerte dei cittadini. Come detto, fu lui ad essere eletto presidente e tra i primi problemi da affrontare dopo la costituzione del comitato ci fu appunto il reperimento dei fondi per il funzionamento dello stesso. Nessuna idea sembrava poter aver successo ma durante la riunione mensile del gennaio 1987, qualcuno, forse neanche troppo seriamente, disse: “Facciamo la crescia!”
La proposta piacque e così cominciarono i preparativi: a marzo venne raccolta la legna di vite necessaria per il forno, ad aprile l’idea venne esposta agli abitanti della zona che assicurarono la loro disponibilità, a giugno vennero procurati i materiali grazie alla Pro Loco di Mondolfo, a luglio vennero ottenute le autorizzazioni necessarie ed iniziò la campagna pubblicitaria, ad inizio agosto i componenti del comitato acquistarono di tasca propria gli ingredienti: 50 kg. di farina, lievito, un prosciutto ed una damigiana di vino.
La data fissata era sabato 8 agosto: uno striscione scritto a mano con vernice rossa ed appeso sulla strada principale segnalava l’evento. La serata si rivelò un successo su tutta la linea: centinaia di persone accorsero e si affollarono incuriosite intorno all’unico forno disponibile per assistere alla preparazione di questo vecchio piatto popolare.
Da allora, ogni primo fine settimana d’agosto Stacciola si mobilita e dà vita ad un evento che ormai è uno dei più attesi dell’anno. Dai 50 chili di farina della prima edizione si è arrivati nel 2016 a 1500, tutti rigorosamente impastati a mano. A questi bisogna aggiungere 20 prosciutti, 350 chili di salsicce, 120 chili di verdura cotta e altri 3 nuovi forni. Nel frattempo la crescia ha ottenuto nel 2012 il riconoscimento di “Prodotto Tipico Delle Marche” e al menù della sagra si sono aggiunte anche le cristaiat: sorta di maltagliati di farina di grano e conditi come una normale pasta.
Dal 6 all’8 agosto 2016 la sagra ha celebrato la sua 30° edizione e si è confermata un evento di grande successo. Gli stacciolani sono ormai organizzatori navigati ed ecco allora che all’entrata del paese si trova la cassa, di fianco a questa ci sono il tendone delle cristaiat e il campo da calcio con palco dove si esibiscono orchestre di liscio e si balla. Poco più avanti s’incontra il gazebo dove vengono servite le crescie, che vengono portate ancora bollenti dal cortile del patronato, cinquanta metri più avanti. Qui infatti si trovano quattro grandi forni a legna, gestiti da una squadra di esperti stacciolani, tra cui anche il signor Stefano, che per tutta la sera bilanciano il ritmo della produzione a seconda del numero di persone che arriva.
Per vedere la vera genesi di una crescia però bisogna intrufolarsi nei locali stessi del patronato: qui le signore e anche le signorine del paese dosano, impastano, battono, stendono, farciscono, condiscono e impiattano le crescie. Ognuna ha il suo compito, ognuna sa cosa fare e si coordina con le altre. Il risultato sono interi bancali di crescie che vengono poi trasportate fuori per essere infornate. Per tutto il borgo vengono posizionate panchine e tavole, un paio di gazebo sono adibiti alle bevande, uno alle patatine fritte, mentre il bar del paese serve dolci e qualche digestivo. Là vicino poi c’è pure un secondo palco per altri concerti ed esibizioni musicali.
Giovani e anziani, famiglie e gruppi di amici, italiani e stranieri, turisti e locali: la sagra attira un po’ tutti, ma riesce a mantenere una sua aura di “tipicità” che tanto ci rende fieri del nostro paese. Addirittura, a volte, verso la fine della serata, quando gli stacciolani possono finalmente sedersi a riposare, può capitare di assistere ad accesissime partite di morra: ma non la morra cinese che tutti conosciamo, bensì quella vera e originale, quella di cui parla Mauro Corona nei suoi libri e che per anni fu vietata in Italia a causa delle numerose risse che causava tra i giocatori. Vedere due giocatori esperti in azione è veramente uno spettacolo incredibile di abilità, strategia e furbizia.
La sagra ha permesso a Stacciola di recuperare quel senso comunitario che si stava perdendo, ha fermato lo spopolamento e ha creato uno spirito di gruppo veramente invidiabile. Ma non solo, tutti gl’introiti della sagra vengono destinati ad attività riguardanti Stacciola: restauri della piazza e della chiesa, ricerche storiche sul borgo che hanno portato alla pubblicazione di un libro, costruzione di un campo polivalente e dei nuovi forni e molto altro ancora tra cui pure iniziative culturali di tutto rispetto, come la Scuola Della Crescia, un corso giunto alla sua 9° edizione, corsi d’inglese e di teatro e perfino la L.U.I.S, la Libera Università Interculturale Stacciolana che ogni anno promuove una serie d’incontri pubblici sugli argomenti più disparati.
Tutto sembra funzionare alla grande per Stacciola ma il signor Stefano ci tiene a specificare che negli anni le difficoltà non sono mancate, così come gli attriti tra gli abitanti. Ci sono stati casi di famiglie che non erano d’accordo con l’organizzazione della sagra o anche di una persona che ha provato ad usarla per vantaggi personali. Frizioni che spesso si risolvono con una stretta di mano ed un bicchiere di vino e che per fortuna sono state episodi limitati e circoscritti.
La storia di Stacciola poteva diventare la stessa di molti altri borghi italiani, ma grazie alla tenacia e alla passione dei suoi abitanti oggi il borgo è più vivo che mai ed è diventato un esempio per gli altri e tutto questo partendo da 50 chili di farina ed un prosciutto. Quindi ora, se verso i primi di agosto doveste passare nei paraggi di San Costanzo, considerate di fare una sosta, non ci vorrà molto, giusto il tempo di una crescia.
Links:
https://it.wikipedia.org/wiki/Morra
Francesco Ricapito Gennaio 2017
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