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Lee Ang
In puro stile Coen, i due fratelli terribili del cinema americano trasportano sullo schermo un noto romanzo di uno dei più grandi narratori americani in attività. No country for old men, scritto da Cormac McCarthy e trasposto da Ethan e Joel Coen, ci racconta di una terra di confine (tra il Texas e il Messico, evocativa di western crepuscolari) in cui i mutamenti antropologici e comportamentali sono più difficili da interiorizzare, un luogo che è sempre America ma che è assai lontano dalla smania di progresso continuo e prolungato degli opulenti...CONTINUA...
Lars von Trier è un imbroglione, un grande paraculo, un abile incantatore di serpenti. Questo bisogna sempre premetterlo prima di lanciarsi nell’analisi di uno suo film, anche quando, novità delle novità, si dà alla commedia. Sì perché il regista danese, a due terzi della programmata e feroce trilogia americana (Dogville, Manderlay e l'annuciato ideale epilogo, che dovrebbe intitolarsi Washington), stacca dal dramma per provare nuove forme di sperimentazione tecnico-visiva, proprio attraverso la commedia. E trattandosi di...CONTINUA...
Sono dove avete sempre desiderato ma non sto suonando Bach": quanto scritto molti anni fa ai suoi genitori da Eunice Kathleen Waymon, alias Nina Simone, fa capire quanto il percorso artistico ed umano della cantante di colore sia stato complesso ed anche contraddittorio.
Da qui forse anche il motivo della sua particolare disinvoltura nell'affrontare stili musicali teoricamente molto diversi quali il jazz, R&B, soul, pop, blues, folk, gospel, riferimenti afro, classica; e di cui "Simply Simone", pur nelle strette di 50 minuti, è un chiaro esempio (doti interpretative che possiamo ascoltare...CONTINUA...
“È incredibile quanto si possa essere soli sulla Terra, pensa Actarus. Su Fleed non era così, dopo aver fatto l’amore ti accendevi una sigaretta e cominciavi ad aprire il tuo cuore a piacimento, e subito dopo ti sentivi pieno d’amore e di empatia da annullare ogni barriera, via inutili membrane psicologiche, via riservatezza, via isolamento, via emarginazione, avevi l’impressione di conoscere tutti i membri dell’universo, per nome e cognome, neanche uno poteva essere escluso dal tuo cuore infinito, e allora fermavi una tipa per strada e glielo dicevi e lei era...CONTINUA...
Che David Lynch si sentisse a suo agio nel raccontar di “mostri” lo si intuisce già dall’opera prima (Eraserhead), così imperscrutabile eppure fascinosa, cosi lontana dalle produzioni dei fine Settanta e già a suo modo cinema con tracce di futuro. Che una neonata casa di produzione, partorita comunque dal ventre hollywoodiano, fondata dal regista comico-demenziale Mel Brooks, affidasse a Lynch, autore dimostratosi bizzarro e indipendente, l’ambizioso progetto di realizzare un’opera basata su una dolorosa e toccante storia realmente accaduta, era assai improbabile. Eppure...CONTINUA...
"Tutti quelli che conosco o sono morti o sono in galera. Io voglio diventare un boss. Voglio avere supermercati, negozi, fabbriche, voglio avere donne. Voglio tre macchine, voglio che quando entro in un negozio mi devono rispettare, voglio avere magazzini in tutto il mondo. E poi voglio morire. Ma come muore uno vero, uno che comanda veramente. Voglio morire ammazzato".
E’ la lettera di un giovanissimo detenuto, o meglio di un bambino entrato nel "sistema", fedelmente riportata in "Gomorra", che più di ogni altra cronaca criminale ci mostra l’evoluzione (o involuzione) avvenuta in terra di camorra...CONTINUA...
Molti di voi si ricorderanno del piano sequenza iniziale dell'Infernale Quinlan ("Touch of evil"), del suo cupo bianco e nero affidato alle cure di Russell Metty: elementi di un film diventato negli anni oggetto di studio e di infinita ammirazione per i più attenti cinefili ed amanti del noir classico.
L'inquietante vicenda del capitano Henry (Hank) Quinlan, il poliziotto diventato assassino dopo un passato irreprensibile, intento ad esercitare su una cittadina di frontiera tra il Messico ed Arizona la sua personalità di essere diabolico e geniale, uso fabbricare prove per incastrare i colpevoli...CONTINUA...
Due anni dopo “Sings Lloyd Webber” Josè Carreras ci ha riprovato.
La compilation precedentemente recensita mi ha permesso sintetici cenni in merito alla vocalità del tenore catalano in versione pop, alla sua tecnica tutt’altro che strepitosa, al suo metallo di straordinaria qualità.
Con “Hollywood Golden Classic” Carreras si cimenta in un campo ancora più a rischio per un artista con voce impostata: canzoni tratte da famosi film (perlopiù di produzione USA).
Brani interpretati da autentiche star della musica pop, che sono entrati nel repertorio e nell’immaginario degli ascoltatori, magari senza...CONTINUA...
“La vostra è una voce che si sente una volta ogni cento anni”.
Così si rivolse Toscanini alla giovane contralto di colore Marian Anderson nei lontani anni ’30.
Il direttore italiano aveva visto giusto: la cantante definibile a buon titolo “di culto”, è stata fonte di ispirazione sia per la grandi dive coloured come Jessy Norman, Shirley Verret, Kathleen Battle, sia per la poetessa rock Patty Smith.
Nata a Philadelfia ufficialmente nel 1902 (in realtà pare fosse classe 1897, come si scoprì poco dopo la sua morte avvenuta nel 1993) da modesta famiglia, si trovò da subito a fare i conti con la...CONTINUA...
È un romanzo generazionale di formazione, ma soprattutto di rievocazione di quella che sembra ora un’epoca lontana, tecnologicamente e ideologicamente diversissima da oggi, ma in realtà distante meno di trent’anni.
Un’epoca di grandi fermenti, quando i dischi erano ancora in vinile e si registravano su cassette per poi passarsele e non esistevano ancora i pc in casa, internet, i telefonini. Rai Tre stava per nascere e il...CONTINUA...
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