Piero Gobetti è ancora oggi ammirato da molti per il suo precoce talento, per la sua vivida intelligenza e per aver contrastato il regime fascista che lo perseguitava con brutalità. Gobetti è apprezzato ancora oggi perché, pur essendo giovanissimo, era riuscito a fondare una casa editrice, a dirigere riviste e scrivere libri di notevole spessore politico e filosofico. Eppure per me la figura di Gobetti rimane legata prevalentemente agli stralci di meravigliose lettere d'amore e di meditazioni che il giovane studioso e pensatore scrisse ad Ada, la ragazza che ha amato e sposato. Un Gobetti innamorato...CONTINUA...
Scrutando solo il titolo, "Storia di una serva" mi ha riportato istantaneamente alla mente il personaggio di Emerenc, la donna di servizio protagonista del meraviglioso romanzo "La porta" della scrittrice ungherese Magda Szabó. In realtà tra "Storia di una serva" e "La porta" non esistono somiglianze di alcun tipo. Il libro di Paula Fox, autrice newyorkese morta nel 2017 alla veneranda età di 94 anni, è una lunga e complessa opera narrativa, dai toni spesso amari e prostrati, narrata in prima persona dalla "serva" del titolo, Luisa. Sono quattro le parti in cui l'opera è organizzata e quattro le età e le fasi esistenziali della protagonista...CONTINUA...
Non esiste alcun motivo per giustificare il terrorismo islamico, ma un approccio manicheo – in particolare riferito all’idea che il bene sia la civiltà occidentale cristiana e il male tutto l’Islam, intrinsecamente fanatico ed estremista - non rappresenta il modo corretto per comprendere la genesi del fondamentalismo, la sua evoluzione fino all’idea del Califfato versione Isis. Questo l’argomento di fondo dello storico Franco Cardini, che da anni batte e ribatte sul tasto della compatibilità tra religioni – ricordiamo “Europa e Islam. Storia di un malinteso”, “Terrore e idiozia” – e di conseguenza “L’ipocrisia dell’Occidente”, raccolta scelta di articoli tratti dai “Minima cardiniana” (2014-2015)...CONTINUA...
Un libro piccino, dall’apparenza facile e veloce, con un titolo altisonante degno di un grande classico letterario, ecco come si presenta alla vista “Un’oscura vitalità”. Come dice l’antico adagio però, l’abito non fa il monaco e di facile e veloce in questo caso non c’è molto.
Tra le pagine di questo piccolo volume troviamo cinque racconti dell’autore americano Thomas Wolfe; uno scrittore poco conosciuto e mediamente ignorato dal grande pubblico che tuttavia ha spesso ricevuto grandi elogi da suoi illustri contemporanei come Faulkner e Kerouac.
Pur trattandosi di poche pagine, questi racconti sono già un bel esempio del suo stile particolare, della sua narrativa e del suo linguaggio. Wolfe...CONTINUA...
Quando si tratta di monografie su Putin e sulla democratura russa le vie di mezzo sono poche: da un lato le denunce giornalistiche sulla repressione del regime, sui diritti civili negati, sulla corruzione, sulle opacità di un sistema di potere condizionato dagli oligarchi e da una mentalità illiberale ereditata da decenni di autentica dittatura; dall’altro lato l’apologia del “presidente” da parte di chi apprezza “l’uomo forte”, la cosiddetta “democrazia sovrana”, a volte in odio a tutto quello che significa occidente e liberalismo, altre volte – vedi la destra berlusconiana e leghista – barcamenandosi tra fedeltà atlantica, anticomunismo e ammirazione per gli eredi del Kgb.
Stefano Grazioli...CONTINUA...
I quattro racconti di questa raccolta, tutti con lo stesso protagonista, furono scritti da Fitzgerald nel 1928, tra la stesura de “Il grande Gatsby” e quella di “Tenera è la notte” e pubblicati sul Saturday Evening Post per 3500 dollari l’uno.
Visti i cronici problemi di Fitzgerald con il denaro, si tratta chiaramente di testi realizzati per guadagnare un po’, ciò nonostante l’autore stesso li distingueva da altri, più modesti, e si era affezionato al protagonista che compare, in totale nella sua produzione, in otto storie.
Fitzgerald pensò più volte di raccoglierli...CONTINUA...
Fino al 1919 il Sud Tirolo, che noi italiani siamo abituati a chiamare Alto Adige, era austriaco. Con la fine della Grande Guerra quel territorio venne assegnato all'Italia, Paese vincitore. Nel 1922, con l'avvento del Fascismo, prese il via una pesante opera di italianizzazione del Sud Tirolo che, secondo la volontà di Mussolini, doveva perdere i secolari connotati tedeschi. La legge fascista proibì l'uso della lingua tedesca nelle scuole, sui giornali e in tutti i luoghi pubblici, il nome di ogni località, ogni fiume, ogni montagna venne italianizzato così come i cognomi delle persone, con esiti a volte ridicoli: ogni tradizione tedesca venne messa al bando. I dipendenti di lingua tedesca furono...CONTINUA...
Il filosofo e teologo russo Pavel Nikolaevič Evdokimov scrisse che “l’icona, punto materiale di questo mondo apre una breccia. Il Trascendente vi fa irruzione e le ondate successive della sua presenza trascendono ogni limite e riempiono l'universo”. Parole impegnative, tanto più enigmatiche per un occidentale che si trova di fronte a quelle conversazioni che Elémire Zolla – autore della prefazione a “Le porte regali” – definisce così incantate “che rapiscono nel mondo degli archetipi, fanno d’ogni cosa tangibile un riflesso sull’acqua” (pp.8). E’ stato infatti il filosofo e storico italiano a curare la prima edizione italiana (1977) dell’opera di Pavel A. Florenskij sull’arte e la liturgia dell’icona...CONTINUA...
Se siete amanti della montagna e cercate un po’ di refrigerio dalle elevate temperature di questo torrido agosto, Il mistero del popolo del serpente potrebbe essere una lettura che fa al caso vostro. Anna Zanibelli, la sua autrice, vive e lavora in provincia di Cremona. Insegnante, scrittrice e appassionata di montagna è qui al suo romanzo d’esordio, una dichiarazione d’amore per la Val Camonica e la Valsaviore in particolare, alle porte dell’Adamello, luoghi dov’è cresciuta nel corso di ogni estate della sua vita e che le hanno lasciato – con tutta evidenza – un segno indelebile nella memoria e nel cuore.
Pencolante tra realtà e finzione, il libro di Zanibelli...CONTINUA...
Sulla quarta di copertina dell’ultimo romanzo di Barbara Baraldi troviamo subito una nota sul significato del titolo: “L'osservatore oscuro è l'alter ego negativo che ci portiamo dentro, quello che ci dice che non ce la faremo, quello che alimenta le nostre paranoie, gli incubi peggiori”. O meglio dovremmo dire su “un” significato, perché il finale del racconto svela qualcosa che va ben oltre le comprensibili turbe mentali della protagonista. L’Osservatore oscuro in sostanza potrebbe rappresentare l’anello di congiunzione tra il serial killer presente in “Aurora nel buio” e il nuovo criminale che ha ucciso all’interno della Certosa di Bologna, di sicuro ambedue ben presenti nella mente fragile...CONTINUA...
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