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giulio perrone editore
Anche quest'inverno una serie di consigli di lettura da parte di alcune persone della redazione. Buone letture!
Francesco Ricapito
Witold Szablowski, Come sfamare un dittatore, traduzione di Marzena Borejczuk, Keller editore
Una raccolta di storie intorno ai cuochi di alcuni dei più famosi dittatori del secolo scorso. Un'interessante collezione di ricette, aneddoti...CONTINUA...
Elena Panzera legge un brano dal suo romanzo d'esordio, I salmoni aspettano agosto, pubblicato da Giulio Perrone Editore sul nostro canale YouTube.
"Non si è gemelli solo nel corpo. A volte lo si è anche nel modo in cui ci percepiscono gli altri. Può capitare, allora, che Michele e Francesca si scambino inavvertitamente un amore, o che un gesto dell’uno completi il pensiero...CONTINUA...
Ci sono eventi che restano traumaticamente infissi nella memoria collettiva per sempre, perché necessitano di elaborazioni talmente lunghe, che non basta l’arco di un’intera esistenza per poterli finalmente considerare smaltiti: tanto che vengono riportati a figli e nipoti con la stessa cocente impellenza che ne ha determinato il trauma; si continua ad associarli con naturale freschezza, come se si fossero verificati un istante prima, all’esatta azione che si stava compiendo allora, quando ci sono piombati addosso, anche solo cronachisticamente. È il caso, per esempio, dei grandi attentati o dei...CONTINUA...
Il primo dei tanti pregi di questo nuovo libro di Davide Barilli, Cuba. Altravana: nel cuore di una città perduta (Giulio Perrone Editore, pp. 212, euro 15), è senza dubbio la straordinaria capacità dell’autore di avvincere per pagine e pagine senza mai incorrere in una caduta di tono o di stile, coinvolgendo il lettore in una affabulazione ricca e polifonica...CONTINUA...
“Tutto a un tratto, fu lui a prendere in mano la conversazione, insegnandoci quelle che considerava le tre lezioni necessarie al buon andamento nella nostra esistenza e del nostro avvenire: Se uno di voi si trova in serie difficoltà, e dico serie, nella scelta tra andare in prigione o all’ospedale psichiatrico, che scelga la prigione, perché da lì le persone escono tutti i giorni […]
La seconda riguarda la nazionalità, una nozione che non ha alcun senso ai miei occhi, semplicemente perché un individuo non appartiene a una nazione in particolare. Noi siamo tutti un insieme di etnie...CONTINUA...
È andata così: quando seppi che sarebbe uscito il secondo libro di Piero Balzoni sperai che si trattasse di una raccolta di racconti, dato che la sua prima, Animali migratori (Edizioni La Gru, 2011) l'avevo assai apprezzata; quando lessi che era un romanzo rimasi un po' deluso, ma il titolo, Come uccidere le aragoste, mi rincuorava perché nominava animali e dunque segnava una continuità con l'opera precedente. La lettura del testo ha poi rivelato come anche...CONTINUA...
Prosopagnosia. Più che lecito chiedersi cosa sia. Trascrivo la definizione riportata nelle note de "Gli amori infelici non finiscono mai" di Isabella Borghese: "Con il termine prosopagnosia (dal greco proposon: faccia e agnosia: mancanza di conoscenza) ci si riferisce al disturbo del riconoscimento di volti". Chi è affetto da tale disturbo, quindi, non è in grado di riconoscere e ricordare i volti delle persone, anche quelli più familiari. Ed è proprio la Prosopagnosia uno degli elementi cardine del secondo romanzo di Isabella Borghese poiché il protagonista maschile, a causa di un incidente...CONTINUA...
La bellezza passa attraverso un bel viso o un bel corpo. A volte si manifesta grazie alla ricchezza e alla disponibilità economica. Ma per chi, come Paul (detto Polo), non è né bello né ricco, la bellezza deve per forza arrivare da qualche altra parte.
Polo sa di non essere bello. Se ne accorge da come le ragazzine, a scuola e fuori dalla scuola, non lo guardino o non gli diano considerazione. E non è nemmeno ricco: sua madre è bloccata su una sedia a rotelle, trascorre le giornate davanti alla TV spingendo sua figlia, la sorella di Polo, a prendere parte a concorsi di bellezza, mentre suo padre...CONTINUA...
Se dovessi individuare una collocazione stilistica per questo libro e questo giovane scrittore francese sarebbe "letteratura hip hop", ammesso che esista. Nella lingua scritta di Rachid Djaïdani c'è musica di quartiere, c'è un parlato meticcio fatto di frasi brevissime e dense, ricco di singolari neologismi e di infantili onomatopee, c'è un processo creativo che immagino non essere granché distante da quello di un rapper, rime baciate a parte. Per questo la storia diventa occasione per denunciare un malessere personale oltre che descrizione di un'esistenza e di una società con parecchie tare.
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