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Silvia Pareschi
“«Scusa, Jackie, se non è una domanda troppo personale, mi spieghi perché hai cambiato chiesa?» «Oh, be', mia figlia ha cominciato ad andare a scuola, e la chiesa episcopale è proprio di strada. A volte l'accompagno e poi mi fermo a scambiare due chiacchiere con qualche signora della congregazione. Sai com'è, mi torna più comodo.»” (pag. 49)
Leggendo I jeans di Bruce Springsteen e altri sogni americani, opera d'esordio della traduttrice...CONTINUA...
"Sulla nave eravamo quasi tutte vergini. Avevamo i capelli lunghi e neri e i piedi piatti e larghi, e non eravamo molto alte. Alcune di noi erano cresciute solo a pappa di riso e avevano le gambe un po' storte, e alcune di noi avevano appena quattordici anni ed erano ancora bambine. Alcune di noi venivano dalla città e portavano abiti cittadini all'ultima moda, ma molte di più venivano dalla campagna, e sulla nave portavano gli stessi vecchi kimono che avevano portato per anni - indumenti sbiaditi smessi dalle nostre sorelle, rammendati e tinti più volte. Alcune di noi venivano dalle montagne...CONTINUA...
Ho una certa, nemmeno poi tanto piccola, titubanza di fronte ai romanzi degli scrittori di cui mi parlano in troppi. Una titubanza che si fa incertezza quando gli scrittori di cui mi parlano in troppi sono americani. Franzen non ha fatto eccezione. Per mesi ho spostato il suo libro in fondo alla torre dei libri da leggere ma ora sono felice di aver letto (finalmente!) “Le correzioni”.
La narrazione, come mi aspettavo, riluce di un'abbondanza tipicamente a stelle e strisce. Una ricchezza di dettagli, di antefatti e di premesse che, lo confesso, tende a sfinirmi. A Franzen, come a molti suoi...CONTINUA...
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